[Mexico] IL CASO DELLA COMPAGNA ROSA LOPEZ DIAZ

dal sito del nodo solidale: http://www.autistici.org/nodosolidale/altre_pagine.php?l=it&id=2

DATI PERSONALI

Nome e Cognome: Rosa Lopez Diaz
Data di nascita: 2 Dicembre 1978
Luogo di nascita: San Cristobal de las Casas.
Stato civile: coppia di fatto
Lingua: Tsotsil
Numero familiari: 1 figlio di 2 anni, oltre la sua mamma
Domicilio attuale della famiglia: Jardin de nuevo eden, Teopisca. Il figlio vive con lei
Organizzazione: Solidarios de la Voz del Amate
Incarico nella comunità: non ha avuto incarichi nella sua comunità
Occupazione: Commerciante di abiti e accessori
Dossier: 056/2007

DETENZIONE
Rosa Lopez Diaz fu arrestata il 10  di  maggio 2007 insieme a suo marito nel parco centrale di San Cristobal de las Casas, da alcune persone vestite da civili. La gettarono immediatamente sul pavimento. Non si identificarono, sentì che suo marito (il compagno Alfredo) chiese loro che si identificassero però non lo fecero.La condussero sino ad una camionetta e la misero sul pavimento con un piede su di lei. Le bendarono gli occhi.
Trascorso il tempo la gettarono in un luogo che teneva foglie secche coprendole la sua testa con una borsa mentre nella sua bocca misero uno straccio bagnato con l’intenzione di asfissiarla. La colpirono nello stomaco.
Ella chiese loro di fermarsi perché era incinta ma non si fermarono.
Dopo la riportarono sulla camionetta, e la portarono in un luogo sconosciuto. Qui capì che era sola, ossia che non stava con suo marito. La tennero inginocchiata, ammanettata e con gli occhi bendati. Chiese loro:”Cosa sta succedendo”. Le risposero:”Questo non ti importa, perché ora sei finita”.
Rosa ci racconta:”Piansi, piansi, perché non sapevo cosa mi accadesse, piansi per la mia famiglia, per la mia mamma. Non saprei come descrivere la paura che sentii.” ”Essi  continuarono gridando: “Da qui non ti salverai. Da dove ti porteremo, non uscirai”. Dopo gli aggressori abbandonarono la camionetta e le dissero a Rosa: “Non ti muovere. Se fai qualcosa, qui tu muori”.
Approssimativamente 40 minuti più tardi, la portarono nella stessa casa dove tenevano trattenuto suo marito. La fecero sedere contro la parete, ammanettata, con gli occhi bendati e iniziarono a colpirla.  La torturarono. Con uno straccio umido coprirono il suo viso, e sopra misero una borsa di plastica. Intanto le colpivano lo stomaco. Gli aggressori le dicevano. “Quando vorrai parlare muovi la testa”. Rosa, calpestava, perché si sentiva asfissiata. Le tolsero la borsa e le diedero tre schiaffi. “ Dove la tieni. Non ti faccia……., sai  bene di chi stiamo parlando”.
La portarono in una altra stanza lontana. Nell’interno della stanza  la denudarono e subì violenza sessuale, la toccano da tutte le parti del suo corpo, minacciandola di violentarla. Le raccontano che vogliono che lei dica che sequestrò Claudia Estefani.
Rosa piangeva, e chiedeva che non le facessero niente,  che lei non aveva sequestrato nessuno. “Come dirò qualcosa che non ho fatto”, domandò Rosa. Uno degli aggressori la buttò sul pavimento, altri due la maltrattarono, ella sentì che qualcuno le si mise sopra, con l’intenzione di violentarla. Rosa racconta che in quel momento non potè più e disse:” non mi violentate, sono incinta” e uno dei suoi aggressori le dice:” Se dici che lo facesti,non ti facciamo niente”. Quindi Rosa dice loro di sì, che aveva sequestrato, sebbene fosse falso.
Così la sollevarono, la fecero uscire dalla stanza e la lasciarono sola in casa. All’improvviso ritornano, e Rosa ascolta le grida di suo marito, Alfredo. Rosa ci riferisce “Dissi , Grazie a Dio. È vivo”. Aveva pensato che lo avessero ammazzato.

DICHIARAZIONE

Da lì furono condotti al Pubblico Ministero. Lì hanno ricevuto nuovamente minacce di morte da parte di alcuni uomini di cui Rosa non conosce nè i loro nomi  né i loro incarichi nel pubblico ministero. La obbligarono a firmare un foglio in bianco. In questi uffici può parlare perfino con il compagno Alfredo (suo marito) e gli chiede se sa perché li tengono lì. Alfredo le racconta che suo cugino ha “sequestrato” la fidanzata, ciò in questi popoli significa che la fidanzata va con suo marito sino a che questo paga la dote.”Cose di uomini” dice Rosa.
Rosa  non ha mai avuto accesso a un traduttore qualificato che conoscesse la lingua e i costumi  tsotsiles. Nella dichiarazione il suo difensore di ufficio Joaquìn Dominguez Trejo fu presente solo in una parte.  Le lessero la sua dichiarazione, ma non la capì,senza il traduttore  non comprese i termini giuridici. Per questo Rosa non era d’accordo, ma la obbligarono a firmare.
Quindi la trasferirono al carcere CERSS n°5 de San Cristobal de las Casas accusata di sequestro.
Tocca menzionare che Rosa non ebbe mai cure mediche per la tortura, sia fisica che psicologica, di cui soffrì.

PROCESSO

Trascorsi 14 mesi dal momento della sua detenzione le sentenziarono a 27 anni, 6 mesi e 17 giorni. Lei si appellò a detta sentenza, e la ridussero di 17 giorni.  Il 13 aprile 2009 è l’ultima volta che ha visto il suo avvocato.


CONDIZIONI IN PRIGIONE

Rosa soffre di forti dolori alle spalle da circa due anni. Infatti  la fa soffrire l’ora della passeggiata. Soffre forti dolori di testa, e febbre. Ha l’ernia ombelicale che mette in grave pericolo la sua vita. Non ha avuto le cure mediche sebbene le ha sollecitate varie volte e lo ha denunciato pubblicamente.
Rosa non ha sufficienti  entrate economiche per sostenere la sua famiglia.

IMPATTO DELLA DETENZIONE SULLA FAMIGLIA E/O LA COMUNITA’

L’impatto nella sua famiglia è stato molto grande a livello emozionale e di salute, poiché le malattie delle quali soffre la famiglia si aggrava per l’impatto emozionale derivato dalla reclusione di Rosa.
Rosa era incinta di 4 mesi quando la torturarono. Suo figlio nacque con paresi celebrale, molto probabilmente questo fu causato dalle differenti  forme di tortura che subì nella sua detenzione. A causa della sua malattia, suo figlio Natanael  morì lo scorso 26 ottobre, a 4 anni di età.
Rosa fa parte dell’organizzazione di LOS SOLIDARIOS DE LA VOZ DEL AMATE. Dalla prigione Rosa ha denunciato in varie occasioni  il trattamento sofferto e le condizioni generali del settore femminile del CERSS n° 5 de San Cristobal de las Casas, così come le ingiustizie che stanno vivendo per le politiche del mal governo.
Rosa aveva digiunato nei 39 giorni, durante la protesta che si sollevò nel carcere di Los Llanos. Tocca ricordare che durante il suo digiuno, Rosa ricevette in varie occasioni  minacce e istigamenti per obbligarla a lasciare il suo atto di manifestazione che teneva come obiettivo esigere la sua libertà immediata così come per i suoi compagni di lotta.


LE PAROLE DI ROSA

La versione integrale di un’intervista di Luisa Betti, giornalista de Il Manifesto, nella quale Rosa racconta dettagliatamente la sua vicenda. Leggi qui

Parole di Rosa Lopez sulla lotta in carcere in Chiapas. Leggi qui

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[Messico] Fallece Don Juan Chávez, pilar del movimiento indígena nacional

Originario de la comunidad purhépecha de Nurío, incorruptible y firme, por más que gobiernos y organizaciones quisieron hacerlo suyo, don Juan fue leal a sus convicciones y a los principios de la lucha zapatista desde 1994 y hasta el último de sus días.
Gloria Muñoz Ramírez

Morelia, Michoacán. Don Juan Chávez Alonso, incansable luchador indígena, falleció el sábado 2 de junio, este domingo fue velado en su casa de Nurío, su pueblo natal, y el lunes 4 se le rendirá un homenaje en la jefatura de la tenencia de la tierra, con la presencia de comuneros de la región de la meseta purhépecha y representantes indígenas de diversas partes del país.

Zapatista desde 1994 y hasta el último día de su vida, luchador comunitario, referente indiscutible del movimiento indígena nacional, recuperador de tierras y de la memoria histórica, promotor de la educación indígena, trabajador migrante en Estados Unidos en varias ocasiones, campesino, músico y compositor, poeta sin escritura, un hombre de la tierra, don Juan Chávez Alonso falleció a causa de un accidente ocurrido en su casa mientras construía una troje.

Originario de la comunidad de Nurío, puerta de la meseta purhépecha, incorruptible y firme, por más que gobiernos y organizaciones quisieron hacerlo suyo, don Juan fue leal a sus convicciones y a los principios de la lucha zapatista desde que en 1994 acudió a la Convención Nacional Democrática (CND), convocada por el Ejército Zapatista de Liberación Nacional (EZLN).

Después de la CND, participó en el diálogo de San Andrés Sacamch’én de los Pobres, en la primera mesa de diálogo entre el EZLN y el gobierno federal, referente a los derechos y la cultura indígena, de abril de 1995 a febrero de 1996. Durante este periodo don Juan se proyectó con toda su autoridad moral y se ganó de inmediato el respeto de todo el equipo de asesores, tanto de los representantes indígenas del resto del país, como de intelectuales y del resto de los acompañantes en un proceso inédito en el mundo. Posteriormente, fue clave en la fundación del Congreso Nacional Indígena (CNI), en octubre de 1996, al lado de la comandanta Ramona-

Con el desconocimiento de los acuerdos por parte de toda la clase política, don Juan acompañó todas las iniciativas encaminadas a la exigencia de su cumplimiento, tales como la marcha de los mil 111 zapatistas a la ciudad de México, la Consulta Nacional por los Derechos de los Pueblos Indios, la Marcha del Color de la Tierra y, finalmente, la puesta en práctica de la autonomía “sin permiso de nadie”, con la que los zapatistas organizan su territorio en cinco Caracoles, dentro de una iniciativa que tuvo eco en Nurío, el pueblo de don Juan, comunidad emblemática del movimiento indígena desde que fue sede del Tercer CNI, en el que participaron la Comandancia General del EZLN y representantes de más de 40 pueblos indios del país.

En 2001, durante la Marcha del Color de la Tierra, fue don Juan uno de los principales oradores al lado de la Comandancia General del EZLN, en el Congreso de la Unión.

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[Messico] Vídeo de las ponencia del Foro contra la prision política y por la libertad de Alberto Patishtán

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[Messico] Acción Mundial Exigiendo la Libertad Inmediata para Alberto Patishtán y Francisco Santiz Lopez


Compañeras y compañeros:
Frente al éxito de las movilizaciones para exigir la libertad de nuestros presos, queremos dar seguimiento a eso e invitarles a unirse a la ?*Acción Mundial Exigiendo la Libertad Inmediata?, A.M.E.L.I.*
en el marco de la campaña nacional e internacional de liberación de *Alberto Patishtán, *considerado hoy como el preso mas simbólico de Chiapas, encarcelado desde hace 12 años, y trasladado a 2000 km de sus familiares
desde hace 6 meses. Reivindicamos igualmente la liberación de *Francisco Santiz López, *Base de Apoyo Zapatista, encarcelado injustamente desde hace mas de 150 días en San Cristóbal de Las Casas, Chiapas.
La idea de esta campaña es simple, *tomarse una foto frente a un edificio o lugar simbólico de tu pueblo*, *tapándose el rostro con una pancarta para mostrar que no estamos tod@s *y así visibilizar la solidaridad
nacional e internacional y exigir la libertad inmediata.

Podrán escribir en una hoja o pancarta ?libertad a Alberto Patishtán y Francisco Santiz Lopez? o imprimir uno de los símbolos para exigir la libertad de Alberto y Francisco que pueden encontrar en el siguiente enlace:
http://www.flickr.com/photos/frayba/
Les invitamos igualmente a* **reivindicar** sus lu**chas locales* para construir puentes y aprender a conocernos.
Les pedimos mandar las fotos al (accionameli@hotmail.com ) durante los días 21 al 29 de mayo, mencionando el lugar y país donde tomaron la foto.
La idea es de publicarlo como un foto-reportaje, además las fotos serán presentadas en páginas webs, en blogs etc. También se harán lonas de esta acción que puedan ser usadas en otros eventos solidarios.
L@s Compañer@s de la comunidad Cruztón, Municipio Venustiano Carranza, Chiapas, México ya iniciaron con la acción *A.M.E.L.I. :*
Habitantes de Cruztón iniciaron la acción A.M.E.L.I.

Y _aquí, ejemplos de fotos tomadas durante la acción ?Ahora Solo Son Pancartas??_ <http://s1223.photobucket.com/albums/dd502/bachajon/> de abril 2011, por los 5 presos de San Sebastián Bachajón en donde quizás participaste para conseguir la liberación de estos últimos.
Agradecemos su esfuerzo para juntos lograr la libertad de estos compañeros!

*Association Espoir Chiapas / Asociacion Esperanza Chiapas*
*Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas*

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[Messico] Pronunciamiento del Foro contra la prisión política y por la libertad de Alberto Patishtán


San Cristóbal de Las Casas a 14 de mayo de 2012

Pronunciamiento del Foro contra la prisión política y por la libertad de Alberto Patishtán

El pasado 12 y 13 de mayo se realizó en las instalaciones de CIDECI-Unitierra situado en la ciudad de San Cristóbal de Las Casas, un Foro contra la prisión política y por la libertad de Alberto Patishtán Gómez convocado por la Red contra la Represión y por la Solidaridad.

Acudieron al Foro más de doscientas personas de diferentes nacionalidades y pertenecientes a más de 50 organizaciones, comunidades y colectivos de Mexico y de otros paises.

A través de familiares de presos y presas, y varias organizaciones, un total de 21 pres@s y expres@s fueron representados en el Foro Contra la Prision Politica y por la Libertad de Alberto Patishtán.

La palabra de nuestros presos y presas llegó a traves de ponencias realizadas por compañer@s y familiares. También las voces de algunos de ellos estuvieron presentes mediante grabaciones de audio, así desde el Ceferezo, penal de máxima seguridad Guasave Sinaloa llegó la palabra de Alberto Patishtán Gómez, la de l@s Solidari@s de la Voz del Amate desde el CERSS Nº 5 de San Cristóbal de Las Casas y la de Máximo Mojica desde Guerrero. También se mostraron video grabaciones, como el video que realizaron los compañeros y compañeras del Movimiento por Justicia en el Barrio de Nueva York, y se leyeron cartas de organizaciones internacionales solidarias, que aunque por distancia geografica no pudieron estar presentes, los sentimos cerca durante todo el evento. Para estas organizaciones que nos demuestran que la solidaridad no entiende de fronteras, sino que en la distancia los lazos de solidaridad se siguen tejiendo conjuntamente, les enviamos un fuerte abrazo. A Les Trois Passants de Francia, al Comité de Solidaridad con los Pueblos de Chiapas en Lucha (CSPCL Paris), a la Plataforma Vasca de Solidaridad con Chiapas de Euskal Herria, a la Plataforma Pirata de Italia, Suiza y México y a la CGT del Estado Español.

En este mismo sentido queremos mostrar nuestra solidaridad hacia la compañera del Estado Español Laura Gómez de la CGT-Barcelona que desde el pasado 25 de abril se encuentra privada de libertad.

Así como también l@s tres compañer@s que se encuntran privad@s de libertad en Suiza y que responden a los nombres de Costa, Silvia y Billi.

De esta manera pudimos conocer sus historias y constatar que nuestro dolor es un trazo más dentro del mapa represivo que dibuja el mal gobierno y las instituciones encargadas de impartir justicia. También vimos que muchas son nuestras luchas y much@s l@s compañer@s que estan privados de libertad por el hecho de que estas luchas son parte vital en su caminar.

Vemos que la represión es una constante, es un camino que los de arriba van dibujando transfiriendole mayor o menor intensidad, pero que no cesa y es parte intrínseca de este sistema en el cual se polariza de forma extrema la violencia, siendo esta monopolio exclusivo del Estado. Vemos también que la prisión es un medio disuasorio que a traves del miedo ejerce un control social y político. Pero que a traves del trabajo colectivo, del apoyo mutuo, del constituirnos como parte de un todo que conserva las particularidades de cada quien, hemos de superar esos miedos, hemos de vencerlos.

Así pues en el transcurso del dia 12 de mayo se compartieron las experiencias de los siguientes casos de compañeros y compañeras que en su mayoría se encuentran privad@s de libertad en un contexto de prisión política:

La Voz del Amate:

Alberto patishtán Gómez, preso en el cefereso en Guasave Sinaloa

Rosario Díaz, preso en CERSS Nº5 de San Cristóbal de Las Casas

Solidari@s de la Voz del Amate recluidos en el CERRS Nº5:

Pedro López

Juan Collazo

Alfredo López

Rosa López

Alejandro Díaz

Juan Díaz

Enrique Gómez preso en el CERSS Nº14 el Amate

Base de Apoyo del EZLN

Francisco Sántiz recluido en el CERRS Nº5

Presos de San Sebastián Bachajón

Antonio Estrada recluido en el CERSS Nº17 de Playas de Catazajá

Miguel Vazquez recluido en el CERSS Nº16 de Ocosingo

Miguel Demeza recluido en el CERSS Nº14 el Amate

Pres@s en el estado de Guerrero recluid@s en el CERESO Tecpan de Galeana

Máximo Mojica

María de los Angeles Hernandez

Santiago Nazario

La Voz de Loxicha

Alvaro Sebastian Ramírez

Compañeros Expresos

CODEDI-Xanica de Oaxaca

Abraham Ramírez

Del Distrito Federal

Victor Herrera

De Atenco

Ignacio del Valle

Norma Jimenez

Solidarios de la Voz del Amate

Andrés Nuñez

José Díaz

El dia 13 de mayo se realizaron diferentes mesas de trabajo con el fin de extructurar un calendario de lucha en torno a los ejes de prisión política y la liberación de Alberto Patishtán, poniendo también especial atención en l@ compañer@s pres@s que fueron representad@s durante el foro.

Estas son algunas de las acciones que se llevaran a cabo proximamente y las cuales enmarcamos dentro de la Semana Mundial por la libertad de Alberto Patishtán y Francisco Sántiz “A tumbar las paredes del calabozo”:

Marcha-mitin en la cabecera municipal del Bosque el día 18 de mayo a las 12h del día. Mitin simultaneo por el Movimiento por la Paz con Justicia fuera la reprepresentación de la casa del gobierno de Chiapas en el DF.

19 de mayo: Evento político-cultural en los distintos estados, en solidaridad con las comunidades zapatistas. También se abordará la prisión política.

Pase de video del colectivo Koman Ilel sobre Alberto Patishtán.

Acto de solidaridad en la comunidad de Cruztón.

Acto de Solidaridad en el Pueblo organizado San Francisco.

Acto de Solidaridad en Candelaria el Alto.

Mitin informativo sobre comunidades zapatistas y pres@s polític@s en Bellas Artes ciudad de México, el mismo 19 de mayo como parte de esta acción. En San Cristóbal de las Casas a las 18 horas en el Paliacate.

19 de mayo: Evento en solidaridad con las comunidades zapatistas y por la libertad de Patishtán en Oaxaca.

Dislocada nacional e internacional el 19 de junio para exigir la libertad de Alberto Patishtán.

Dislocada nacional e internacional en septiembre- octubre.

Campaña nacional e internacional de pronunciamientos para exigir la libertad de l@s pres@s políticos y denunciar violaciones de derechos humanos.

Caravana de visitas y denuncia en los penales donde están nuestr@s pres@s.

También se ha creado un blog donde se podrá dar continuidad a nuestr@s pres@s polític@s.

La dirección del blog es: foroporlalibertad.noblogs.org

Por otra parte queremos remarcar la importancia de no dejar en el olvido a l@s compañer@s que están en prisión, ell@s constituyen una parte importantísima de nuestra lucha y nuestro caminar.

Nuestro compromiso es con los de abajo, con los desposeidos, y la prisión es una maquila que trabaja incesantemente para tratar de despojarnos de nosotros mismos, de nuestra identidad, de nuestra historia. Esa es la lucha diaria de nuestr@s pres@s, y también de la nuestra ya que ell@s son la representación de un compromiso inalterable.

¡Libertad a l@s pres@s polític@s!

¡Libertad a Alberto Patishtán Gómez!

¡Viva el EZLN!

¡Libertad a Francisco Santis López!

¡Si nos tocan a unx, nos tocan a todxs!

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[Messico] Intervista al CODEDI di Santiago Xanica

Il primo Maggio 2012 intervistiamo due dei componenti del Comitè¨ locale di Xanica che ci spiegano quali sono i piani futuri per la comunità: l’organizzazione CODEDI ha comprato un pezzetto di terra con l’intenzione di costruire uno spazio indipendente per la radio comunitaria (al momento Radio Roca si trova in una casa privata) ed un’altra struttura per ospitare futuri workshop; inoltre useranno questo terreno per dar vita a progetti di agroecologia (con un piccolo orto dimostrativo) e apicultura per produrre miele.

ASCOLTA Y DESCARGAS EL AUDIO DE LA ENTERVISTA

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[MESSICO] Taller de Radio en Xanica

Venerdì 27, Domenica 29 Aprile due dei componenti della PIRATA hanno fatto un workshop di radio, ai ragazzi e ragazze (l’età va dai 6 ai 22 anni) di Santiago Xanica. Altri taller ci sono stati Martedì 1 e Giovedì 3 Maggio.

L’importanza di questo workshop è legata alla necessità che coloro che trasmettono quotidianamente da RADIO ROCA (radio comunitaria di questo villaggio della Sierra Sud zapoteca), abbiano le capacità tecniche per fare un buon lavoro e soprattutto che capiscano l’importanza sociale e informativa che ha la radio per dare voce alle necessità e la cultura di una comunità nativa. Hanno partecipato diverse persone, le quali hanno già una propria trasmissione.

In linea di massima i taller hanno avuto come contenuto una parte teorica sul suono in generale, la manutenzione basica degli apparati elettronici, i vari formati audio e una breve introduzione sulla questione dei virus, spam, etc. Poi c’è stata una parte pratica sull’uso del mixer, la registrazione e l’editing con audacity, sul come realizzare un’intervista e produrre contenuti.

Il risultato è stata la registrazione di notiziari radiofonici con sottofondo musicale.

Foto del taller

 

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[Messico] Dichiarazione delle donne e degli uomini delle comunità indigene e contadine del COOA

Questa è la traduzione del discorso letto da una compagna dell’OIDHO, organizzazione indigena per i diritti umani a oaxaca, alla fine della marcia di Lunedì 23/04/2012 e (al principio di 3 giorni di presidio) che ha portato a Oaxaca, capitale dell’omonimo stato, più di 8000 indigeni di diverse regioni e diverse organizazzioni facenti parte del COOA, Consejo de Organizaciones Oaxaqueñas Autónomas

Dichiarazione delle donne e degli uomini delle comunità indigene e campesine che formano l’ORGANIZACIONES INDIAS POR LOS DERECHOS HUMANOS EN OAXACA, OIDHO, facenti parte del COOA, consejo de organizaciones oaxaqeñas autonomas

Compagne e compagni, popolo di Oaxaca:

Noi, abitanti delle comunita’ piu’ emarginate delle differenti regioni di Oaxaca, uno degli stati piu’ poveri della repubblica messicana, non stiamo qui (nella capitale) perche’ non abbiamo nulla da fare nei nostri villaggi. Nemmeno stiamo manifestando perche’ qualcuno ci ha trascinati ne’ per fare numero nella campagna elettorale di qualche leader o candidato. Siamo oggi qui nella capitale dello stato perche’ questo e’ stato l’accordo preso in maniera libera e autonoma nelle assemblee delle nostre organizzazioni; siamo qui per esercitare il diritto costituzionale a esprimere e manifestare la nostra opposizione di fronte alla situazione che viviamo nel nostro stato e nel nostro Paese.
CC>
Governi vanno, governi vengono, promettono cambi, progresso e benessere, pero’ noi ogni giorno stiamo peggio. Invece di appoggiare i contadini, agevolano i banchieri e gli impresari. Invece di rispettare in nostri “usi e costumi”, cercano di liquidarli per beneficiare i partiti politici, che per la loro corruzione, per gli interessi meschini e per la totale indifferenza davanti alle sofferenze del popolo gia’da tempo hanno perso ogni credibilita’. Invece di promuovere vere riforme verso la democrazia, solo si preoccupano dei propri guadagni. Questa e’ la situazione in cui viviamo: i rappresentanti del congresso non ci rappresentano, i funzionari non funzionano, i governi non governano.

Chi realmente ci governa sono le grandi corporazioni di imprenditori nazionali e le multinazionali che si stanno appropriando delle risorse naturali e dei territori degli indigeni, lasciando distruzione, contaminazione e maggiore miseria in ogni angolo del paese, in nome di un falso progresso che arricchisce pochi mentre lascia milioni di messicani senza futuro e senza sostegno. In tutte le regioni di Oaxaca i grandi ricchi vogliono imporre mega-progetti: miniere, dighe, parchi eolici, porgetti turistici e superstrade che gli porteranno maggiori profitti, perche’ le nostre necessita’, il nostro modo di intedere lo sviluppo non gli interessa.

E quando ci organizziamo e resistiamo ci dichiarano criminali e delinquenti, ci perseguitano e reprimono, incarcerano e assassinano. Mentre gli assassini e delinquenti del 2006, Ulises e la sua mafia, continuano a godere della liberta’ e dei migliaia di milioni di pesos che hanno rubato al popolo oaxachegno. Con questo denaro continuano a finanziare campagne contro quel governo del presunto cambiamento che li tollera e non li ha toccati. Con questa impunita’ continuano ad assassinare i compagni e le compagne e non gli succede nulla. Continuano intatte le loro strutture fuori e dentro del governo. Continuano a controllare gli apparati di polizia e di (in)giustizia.

Continuano impuniti anche tutti i crimini di lesa umanita’ commessi contro centinaia di donne oaxachegne, tanto che sembra che noi donne qui non siamo umane e non abbiamo diritti. Ma si dimenticano i governanti che sulle nostre spalle e col nostro lavoro si costruisce la societa’. Siamo indignate di fronte al silenzio delle autorita’ e esigiamo che si sradichi la violenza di genere. Noi donne indigene denunciamo inoltre che il programma di elemosine ufficiali chiamato “Oportunidades” si e’ convertito in uno strumento dei governi di tutti i colori per dominarci e controllarci e per impedire di organizzarci in maniera autonoma. E’ ora che le donne della campagna e quelle della citta’ lottino per un vero rispetto dei propri diritti.

Nonostante la situazione che viviamo, i partiti politici che promisero il cambiamento a Oaxaca gia’ si sono dimenticati della loro promessa. Per loro gia’ e’ cambiata la faccenda. Adesso sono al potere. Potere e denaro, questi sono gli unici principi che conoscono. Per questi sono disposti a tutto e per il popolo nulla. Niente di nuovo. Gia’ lo sapevamo. Per questo ci organizziamo dal basso, non aspettiamo che i cambiamenti piovano dall’alto, perche’ non succede mai; gia’ dai tempi di Zapata e Magon fu chiaro che il popolo stesso deve costruire i cambiamenti. Non aspettiamo che i governi, i partiti e i deputati difendano i nostri diritti, perche’ neanche li conoscono. Per loro le imposte e i fondi pubblici, per noi l’elemosina. La nostre culture indigene sono un ostacolo ai loro mega-progetti.

Pero’ qui stiamo. Noi popoli indigeni non siamo una minoranza, ne’ un gruppo vulnerabile. Siamo la maggioranza dei cittadini e cittadine. Siamo gli eredi storici di questi territori tanto ricchi in biodiversita’ e risorse naturali perche’ li abbiamo protetti per millenni. Siamo la culla del mais e i maestri della milpa. Non accetteremo il mais transgenico che ci rende dipendenti dalle multinazionali. Siamo i guardiani e le guardiane di queste terre. E saremo i suoi difensori. Difenderemo le nostre terre, i nostri boschi, i nostri fiumi e le sorgenti contro la distruzione che porta con se’ il falso progresso. Difenderemo i nostri popoli, le nostre culture, le nostre assemblee e autorita’ contro i falsi rappresenti del popolo. Difenderemo le nostre organizzazioni, le nostre alleanze e il nostro movimento contro la criminalizzazione, la persecuzione e la repressione.

No pasaran!

E se esigiamo che i governi ci appogino per migliorare le nostre condizioni di vita, se esigiamo strade, luce, scuole, cliniche e programmi per il campo e’ perche’ anche noi paghiamo le tasse ed e’ ora che ci restituiscano almeno una parte di tutto quello che hanno rubato durante questi anni. Per questo abbiamo deciso che non veniamo a elemosinare ma a esigere i diritti che ci corrispondono. I governanti hanno l’obbligo di rispondere alle nostre richieste. Gia’ e’ tardi! Non basta ascoltarci bisogna avere la volonta’ politica e la decisione per risolvere i nostri problemi. Esigiamo riposte forti alle nostre richieste legittime. E le esigiamo ora!

Compagni e compagne, popolo di Oaxaca, noi comunita’ indigene e contadine e le colonie popolari organizzate nell’Oidho, organizzazione autonoma con una storia coerente di lotta sociale di piu’ di 20 anni, facciamo una chiamata a tutte le donne e gli uomini coscienti dei propri diritti come popolo, a organizzarsi dal basso e lottare per un vero cambio democratico che tutte e tutti necessitiamo.

Oaxaca di Florece Magon,
23/04/2012

ORGANIZACIONES INDIAS POR LOS DERECHOS HUMANOS EN OAXACA – OIDHO

Basta repressione e miseria per i popoli indigeni
La vittoria non e’ dei potenti ma dei miglior organizzati
Viva le comunita’ dell’Oidho
Viva le organizaazzioni del COOA

Zapata vive! La lotta continua!

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[Messico] Il caso del professore Alberto Patistàn

Alberto è un professore bilingue tsotsil. è in carcere da 12 anni e fu arrestato nel municipio de El Bosque, in Chiapas da parte di elementi dell’AFI. Per delitti che nn ha mai commesso e che lo stesso governo non riconosce che non sono fondati. I poliziotti non si sono mai identificati e non mostrarono alcun ordine di cattura.

ANTECEDENTI

IL municipio di El Bosque si trova ne Los Altos del Chiapas confinando con i municipi di Bochil, Simojovel, Larràinzar, Chalchihuitnhan, e visse negli anni 80 diverse invasioni (o recuperi secondo alcuni)proprietà terriere che in alcuni casi furono legalizzati come ejidos a favore delle popolazioni indigene, contadini poveri e peones ( lavoratore giornaliero)o della propria finca (terreno di un grande o medio propritario terriero)o delle vicinanze. Fu anche una zona di sangue e violenze, nell’ appropiarsi delle terre e nelle repressioni, ai tempi del governatore Absalòn Castellanos 83-88 e Patrocinio Gonzàlez Garrido.
Dopo il levantamiento zapatista, nel gennaio 1994, ci furono le elezioni del governatore dello stato del Chiapas,dove si candidò don Amado Avendanho. La frode elettorale favorì il candidato ufficiale del PRI (partito di estrema destra, noto per la sua violenta repressione),Edegar Robledo. La popolazione manifestò il suo rifiuto in varie forme, una delle quali fu non partecipare alle elezioni municipali del 1995. Nel municipio de El Bosque il risultato fu PRI 19%, PT 7% e PRD 1% e l’astensione fu del 73%. Di fronte alla frode elettorale del 94 l’EZLN promuove a partire dal 1995 la creazione di Municipi Autonomi Ribelli. Nel dicembre del 1995, fine del mandato municipale,il sindaco uscente del municipio de El Bosque consegna la presidenza municipale all’eletto per maggioranza dalla popolazione secondo usi e costumi.
Il Candidato ufficiale eletto del PRI tentò di prendere la presidenza senza successo, e protestò di fronte al palazzo municipale. A partire dal 1996 si raggiunse un accordo verbale di non aggressione e convivenza mutua, le proprie differenze tra le due autorità si risolvono con incontri e accordi.Il 6 febbraio del 1997, 50 membri dell’esercito messicano in uniforme entrano e assediano la presidenza municipale, questo fu il primo attacco in questo municipio autonomo, la scalata della guerra controinsurgente va crescendo e nelle comunità di San Pedro Nixtalucum (municipio de El Bosque/San Juan de la Libertad) di fronte ad un conflitto che stava già trovando la sua soluzione, l’intervento della polizia PSP (con la partecipazione del CISEN e del PGJE) provocò morti, feriti, detenuti, arresti e esiliati. Si creò una situazione di paura e di sospetto.
I municipi autonomi Ricardo Flores Magòn,Tierra y Libertad, San Juan de la Libertad e il costituzionale Nicolas Ruiz,furono smantellati e militarizzati in questa operazione controinsurgente dello stato messicano. Il 10 giugno del 1998 alle 6:30 della mattina arrivarono a Chavajeval ( municipio de El Bosque/San Juan de la Libertad)3.500 ELEMENTI DI DIFFERENTI CORPI DELLE FORZE DELL’ORDINE E DELL’ESERCITO, assediarono il paese, arrestarono uomini e donne, li colpirono e li fecero salire sui loro veicoli,saccheggiarono e devastarono, inoltre perseguirono coloro che scapparono sui monti, incluso con un elicottero, la sparatoia finì alle 15:30.
Non rimase nessuna prova di questo atto di violenza, si “portarono via tutto, anche i morti”. Tutto fu pulito, fecero sparire i bussolotti e i segni degli spari. Si dice che ci furono morti,7 zapatisti, 2 poliziotti e un priista. E sembrerebbe che ci furono due sparatoie una in Chavajeval e un’altra in Uniòn Progreso.

FATTI

Nel giugno del 2000 la tensione della polizia era incrementata dall’idea che gruppi di civili armati volevano prendere potere della presidenza del municipio de El Bosque e/o del municipio di Simojovel, fu ciò che comunicarono ai presidenti municipali e realizzarono pattuglie di controllo nella zona. Il giorno 12 di giugno un gruppo di persone armate fece un’imboscata nella strada statale nei pressi de Las Limas, e colpirono una pattuglia nella quale si trovavano 9 persone, 7 persero la vita, 2 ferite, ovvero un membro della PSP (polizia di stato) e il figlio del presidente municipale di El Bosque che conduceva il veicolo.
La Procura Generale della Repubblica comiciò subito le investigazioni. Il poliziotto sopravissuto, prima di perdere i sensi , riferì che vide un uomo vestito con abiti civili e incappucciato. E non poté testimoniare niente .
Il figlio del presidente municipale perse l’udito per gli spari e andò in ospedale dove firmò ( o si falsificò la sua firma) una dichiarazione in cui accusava il professore Patishtàn e Salvador Gonzàlez.
Il 2 giugno (giorno in cui è avvenuta la sparatoia) il professor Alberto stava partecipando ad una riunione ufficiale indetta da una circolare ufficiale girata dal supervisore della zona 204, questo officio e il controllo delle liste di presenza, così come la testimonianza dei suoi colleghi maestri presenti alla riunione, dimostrano l’infondatezza delle accuse e l’ingiustizia del suo incarceramento. Finita la riunione, il professor Patishtàn andò a Simojovel per la festa di S.Antonio, e lì incontro alcuni conoscenti che gli raccontarono ciò che successe a Limas.
Successivamente torno a casa e nel tragitto vide veicoli ministeriali e federali, e altri agenti facendo perquisizioni minuziose. Arrivato al suo paese notò che tra le persone vi era inquietudine e paura, convocarono un’assemblea tra le persone che lavoravano nel paese stesso, si fece nel salone dei “beni comunali”,decidendo di sospendere tutte le attività che praticavano con il presidente municipale. Nella notte un impiegato municipale lo informò che lo stesso presidente cercava di incolparlo e ,insieme a lui, anche qualche altro compagno di ciò che successe quel giorno, perciò gli raccomandava di rifugiarsi. Il professore però convinto della sua effettiva e palese innocenza continuò la sua vita, nonostante i rumori su questa faccenda continuavano. Il 19 giugno del 2000, sette giorni dopo l’imboscata, il professore si stava recando al suo lavoro , 4 uomini vestiti da civile scesero da una camionetta e se lo portarono via senza spiegargli niente ne gli mostrarono un mandato di cattura. E da qui comincia il calvario e la lotta per la giustizia che ancora oggi segue.

DETENZIONE E INCARCERAZIONE

Detenzione illegale senza ordine di cattura. Nelle offici della Procura in Tuxtla Gutiérrez, fu obbligato a depositare una dichiarazione senza nessun avvocato presente. Il pubblico ministero Lic. Ernesto Vàzquez Reyna, (inscritto all’Unità Specializzata per l’Attenzione dei delitti commessi da presunti gruppi di civili armati) ha ordinato di procedere con le indagini preliminari . “Periti della AFI”con tamponi impregnati di una sostanza unsero le sue mani, le orecchie e i piedi. Con la coscienza pulita Alberto non si oppose. Gli dissero che dalle analisi risultò che aveva sparato con la mano sinistra. “Mai nella via vita ho maneggiato un’arma né di piccolo ne tanto meno di grande calibro” . Dopo una settimana fu trasferito nel hotel Zafari in Tuxtla Gutiérrez, nel quale fu detenuto per 30 giorni. Il processo ebbe luogo nel tribunale del Primo Distretto di fronte al giudice Lic. Roberto Ovando Pérez, documento 126/2000.
Nel municipio de El Bosque ci furono proteste da parte della popolazione, che chiedeva la liberazione del professore Patishtàn, manifestazioni con striscioni da parte dei suoi colleghi del magistero, incluso l’occupazione della presidenza municipale de El Bosque. Il governatore Albores Guillén promise la libertà di Alberto se avessero abbandonato il palazzo municipale, il popolo così fece. Ma il governatore non mantenne le sue promesse. Successivamente il detenuto fu trasferito nel CERESO n.1 di Cerro Hueco in Tuxtla Gutiérrez. Poteva ricevere le visite dei suoi colleghi maestri, amici e anche familiari.
Furono anche riunite prove di scagionamento, confronti all’americana, lettere da parte di organizzazioni, agenti municipali, commissari ejidali in suo favore, per più di un anno. Un anno dopo dei fatti il figlio del presidente municipale, dichiara che vide Patishtàn, che lo colpì quando era disteso al suolo e che aveva il volto scoperto, testimone contraddittorio con ciò che aveva dichiarato il poliziotto, il quale riferì che gli assaltatori erano incappucciati.
Insieme ad altri maestri incarcerati e altri prigionieri indigeni iniziarono lo sciopero della fame e si cucirono le labbra, chiamando il loro movimento “La voz de la dignidad rebelde”.Pablo Salazar all’epoca era già governatore del Chiapas, liberò a un prigioniero in cambio della fine dello sciopero e così ingannò tutti incluso la Secciòn VII del SNTE. La voz de la dignidad rebelde fu per 2 o 3 anni una voce in cerca di giustizia.

SENTENZA

Il giorno del 18 marzo del 2002 fu condannato a 60 anni di prigione. Ci fu il ricorso in appello, di fronte al 2° Tribunale unitario del ventesimo circuito, atto della corte penale n.100/2002. La sentenza fu confermata il 21 agosto del 2002. Chiese il ricorso in cassazione , di fronte al Primer Tribunal Colegiado del ventesimo circuito (atto n. 58/203) e nel giugno 2003, il ricorso fu negato.
Quando stavano per indurre un altro sciopero in prigione nel CERESO N.1 una spia filtrò l’informazione alla direzione e il professore fu trasferito nel CERESO N.2. Dopo pochi mesi si organizzò nuovamente uno sciopero connesso contemporaneamente agli scioperi nel CERESO de Comitàn e di Tapachula. Durante 11 giorni, gli scioperanti ricevettero minacce di percosse, trasferiti e nuovamente promesse false. Il 1 luglio del 2004 furono trasferiti in camion, ammanettati ed ammucchiati come bestiame al CERESO 14 conosciuto come El Amate.
Il professor Patishtàn fu etichettato come individuo pericoloso e lo assegnarono ad una unità speciale, nella quale gli imposero un uniforme arancione e con nessun abito civile. Non gli davano neanche da mangiare, appena l’acqua.
Ai tre giorni si destò un’insurrezione in tutta la popolazione disperata per le condizioni inumane.
Nel momento in cui seppero del viaggio del Sub Comandante Marcos in tutto il Messico, gli inviarono una lettera, nella quale dichiararono la propria organizzazione “La Voz del Amate” come aderente alla Otra Campaña, e installarono un presidio permanente fuori dei capannoni all’aria aperta. Era il 5 gennaio del 2006.
Il 25 febbraio del 2008 iniziano uno sciopero della fame indeterminato, unendosi allo sciopero già iniziato del compagno Zacario, successivamente lo sciopero si estese all’interno dell’amate e giorni dopo al CERESO 5 di San Cristobal de Las Casas, al CERESO de Playas de Catazjà e il carcere de Tacotalpa in Tabasco. La solidarietà nei confronti di questo movimento in lotta alla ricerca di giustizia fu grande in Chiapas, in Messico, e anche in ambiente internazionale. Jtatik Samuel Ruiz gli diede il proprio appoggio e chiese al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas che attendesse alle loro domande.
Dopo 41 giorni di digiuno, lo sciopero cessò. Il governo implementò un tavolo di riconciliazione e di revisione degli atti dei processi, ottenendo la libertà di tutti i richiedenti, eccetto quella del professor Patishtàn.
Nel gennaio del 2010 , le organizzazioni promotrici del Riconoscimento Jcanan lum Jtatik Samuel, consegnarono suddetto riconoscimento al professor Alberto Patishtàn Gòmez per il “suo servizio, la dedizione e l’amore nei confronti del suo popolo”. Fu proprio il vescovo emerito Samuel Ruiz ad entrare nel penale N.5 per consegnarli personalmente il meritato riconoscimento, che condivise in quel anno con la Sociedad Civil Las Abejas, la Coordinadora Diocesana de Mujeres CODIMUJ, e il Pueblo Creyente.
Durante 6 mesi nel 2010 fu trasferito ad un ospedale di Tuxtla per essere curato agli occhi, in quanto stava perdendo la vista gradualmente, purtroppo senza risultati positivi. In questa circostanza, il governatore lo andò a visitare, il quale gli confermò che avrebbe fatto i ricorsi necessari di fronte alla federazione per essere messo in libertà. Non ci sono stati risultati fino ad ora.
In questi 12 anni di privazione della propria libertà, il professore ha sempre continuato la sua lotta per la giustizia e per la ricerca di un mondo migliore. In tutti penali come nel Cerro Hueco, El Amate, el nùmero 5 è stato maestro stimolante per chi aveva voglia di conoscere e non ebbe la possibilità di andare a scuola, alfabetizzò, ed insegnò spagnolo agli indigeni che parlavano solo la loro lingua e il suo spirito si fortificò in queste dure prove ed è stato per molti reclusi un aiuto ed un esempio. Fu nominato (mentre si trovava nel CERESO 14 ) ministro dell’eucaristia per la Diocesi di Tuxtla, così come fu invitato ad essere guida nei ritiri spirituali per agenti pastorali di questa diocesi. Non dimenticò mai di essere il padre di due figli e gli aiutò sempre dalla sua detenzione e durante questi anni di reclusione, continua ad aiutarli e come può gli fa sentire il proprio affetto e appoggio.

DAL 2000 AL 2011

Il caso è stato presentato alla COMISION INTERAMERICANA DE DERECHOS HUMANOS il giorno 3 agosto del 2010. Il 17 dicembre del 2010 è stato registrato con il numero P-1119-10.2
Alberto Patishtàn Gòmez entrò nuovamente in sciopero della fame nella ricerca della propria libertà e giustizia per tutti coloro che sono ingiustamente incarcerati, che è durato dal 29 settembre al 31 ottobre 2011.
Al giorno d’oggi 7 maggio 2012 si trova nel CEFERESO N.8 Norponiente in Guasave, Sinaloa. Trasferito il giorno 20 ottobre 2011 per richiesta del Governo del Chiapas, mentre partecipava insieme ai suoi compagni ad uno sciopero della fame per chiedere giustizia. In questo periodo passò mesi in regime d’isolamento, dove non entrò in contatto con nessun essere umano, e gli furono negate anche le cure necessarie per la sua stessa vita. Il professore soffre di glaucoma, una malattia cronica che se non curata in maniera adeguata porta alla perdita della vista.
Ci fu un ricorso in appello contro questo trasferimento avanzato dal Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, il 29 di febbraio 2012 il giudice corrispondente accolse la richiesta d’appello ed il corrispondente ritorno in Chiapas del professor Alberto.
Ci troviamo nel periodo in cui il governo statale si può interporre a questa sentenza di  ritorno.                                                                                                                                 

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[Messico] Assemblea LOVENE 29 Aprile

Lovene, Domenica 29 Aprile 2012

In seguito alla mobilitazione della scorsa settimana nella città di Oaxaca dal 23 al 25 di Aprile, l’organizzazione OIDHO (Organicacion India para los Derechos Humanos en Oaxaca) si reca nella comunità di Lovene, situata nella Sierra Sur zapoteca. L’unico modo per raggiungere suddetta comunità è arrivare a Xanica (a circa 2 ore di sterrato da Santa Maria Huatulco) in auto e poi camminare per circa un’ ora e mezza (dipende dal passo) una ripida salita; l’unico mezzo di trasporto sono gli asini, con cui gli abitanti trasportano i carichi pesanti.

Verso sera c’è stata una assemblea in cui OIDHO ha fatto il punto della situazione riguardo Lovene: le 8 organizzazioni (OIDHO, CODEDI, CODECI, CODEP, UNTA, COSEI, FIZ e OPI) che formano la COOA hanno convenuto sulla necessità di sostenere il villaggio di Lovene e hanno fatto pressioni al Governo Statale affinchè finanzi la costruzione di una strada che permetta il passaggio delle auto verso la comunità. Tale pressione non è stata solo verbale, bensì si è concretizzata con blocchi stradali, immobilizzazione dell’aereoporto, marcie e un presidio permanente nello zocalo di Oaxaca durato tre giorni. Read more »

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