browser icon
You are using an insecure version of your web browser. Please update your browser!
Using an outdated browser makes your computer unsafe. For a safer, faster, more enjoyable user experience, please update your browser today or try a newer browser.

[Messico] Il caso del professore Alberto Patistàn

Posted by on maggio 9, 2012

Alberto è un professore bilingue tsotsil. è in carcere da 12 anni e fu arrestato nel municipio de El Bosque, in Chiapas da parte di elementi dell’AFI. Per delitti che nn ha mai commesso e che lo stesso governo non riconosce che non sono fondati. I poliziotti non si sono mai identificati e non mostrarono alcun ordine di cattura.

ANTECEDENTI

IL municipio di El Bosque si trova ne Los Altos del Chiapas confinando con i municipi di Bochil, Simojovel, Larràinzar, Chalchihuitnhan, e visse negli anni 80 diverse invasioni (o recuperi secondo alcuni)proprietà terriere che in alcuni casi furono legalizzati come ejidos a favore delle popolazioni indigene, contadini poveri e peones ( lavoratore giornaliero)o della propria finca (terreno di un grande o medio propritario terriero)o delle vicinanze. Fu anche una zona di sangue e violenze, nell’ appropiarsi delle terre e nelle repressioni, ai tempi del governatore Absalòn Castellanos 83-88 e Patrocinio Gonzàlez Garrido.
Dopo il levantamiento zapatista, nel gennaio 1994, ci furono le elezioni del governatore dello stato del Chiapas,dove si candidò don Amado Avendanho. La frode elettorale favorì il candidato ufficiale del PRI (partito di estrema destra, noto per la sua violenta repressione),Edegar Robledo. La popolazione manifestò il suo rifiuto in varie forme, una delle quali fu non partecipare alle elezioni municipali del 1995. Nel municipio de El Bosque il risultato fu PRI 19%, PT 7% e PRD 1% e l’astensione fu del 73%. Di fronte alla frode elettorale del 94 l’EZLN promuove a partire dal 1995 la creazione di Municipi Autonomi Ribelli. Nel dicembre del 1995, fine del mandato municipale,il sindaco uscente del municipio de El Bosque consegna la presidenza municipale all’eletto per maggioranza dalla popolazione secondo usi e costumi.
Il Candidato ufficiale eletto del PRI tentò di prendere la presidenza senza successo, e protestò di fronte al palazzo municipale. A partire dal 1996 si raggiunse un accordo verbale di non aggressione e convivenza mutua, le proprie differenze tra le due autorità si risolvono con incontri e accordi.Il 6 febbraio del 1997, 50 membri dell’esercito messicano in uniforme entrano e assediano la presidenza municipale, questo fu il primo attacco in questo municipio autonomo, la scalata della guerra controinsurgente va crescendo e nelle comunità di San Pedro Nixtalucum (municipio de El Bosque/San Juan de la Libertad) di fronte ad un conflitto che stava già trovando la sua soluzione, l’intervento della polizia PSP (con la partecipazione del CISEN e del PGJE) provocò morti, feriti, detenuti, arresti e esiliati. Si creò una situazione di paura e di sospetto.
I municipi autonomi Ricardo Flores Magòn,Tierra y Libertad, San Juan de la Libertad e il costituzionale Nicolas Ruiz,furono smantellati e militarizzati in questa operazione controinsurgente dello stato messicano. Il 10 giugno del 1998 alle 6:30 della mattina arrivarono a Chavajeval ( municipio de El Bosque/San Juan de la Libertad)3.500 ELEMENTI DI DIFFERENTI CORPI DELLE FORZE DELL’ORDINE E DELL’ESERCITO, assediarono il paese, arrestarono uomini e donne, li colpirono e li fecero salire sui loro veicoli,saccheggiarono e devastarono, inoltre perseguirono coloro che scapparono sui monti, incluso con un elicottero, la sparatoia finì alle 15:30.
Non rimase nessuna prova di questo atto di violenza, si “portarono via tutto, anche i morti”. Tutto fu pulito, fecero sparire i bussolotti e i segni degli spari. Si dice che ci furono morti,7 zapatisti, 2 poliziotti e un priista. E sembrerebbe che ci furono due sparatoie una in Chavajeval e un’altra in Uniòn Progreso.

FATTI

Nel giugno del 2000 la tensione della polizia era incrementata dall’idea che gruppi di civili armati volevano prendere potere della presidenza del municipio de El Bosque e/o del municipio di Simojovel, fu ciò che comunicarono ai presidenti municipali e realizzarono pattuglie di controllo nella zona. Il giorno 12 di giugno un gruppo di persone armate fece un’imboscata nella strada statale nei pressi de Las Limas, e colpirono una pattuglia nella quale si trovavano 9 persone, 7 persero la vita, 2 ferite, ovvero un membro della PSP (polizia di stato) e il figlio del presidente municipale di El Bosque che conduceva il veicolo.
La Procura Generale della Repubblica comiciò subito le investigazioni. Il poliziotto sopravissuto, prima di perdere i sensi , riferì che vide un uomo vestito con abiti civili e incappucciato. E non poté testimoniare niente .
Il figlio del presidente municipale perse l’udito per gli spari e andò in ospedale dove firmò ( o si falsificò la sua firma) una dichiarazione in cui accusava il professore Patishtàn e Salvador Gonzàlez.
Il 2 giugno (giorno in cui è avvenuta la sparatoia) il professor Alberto stava partecipando ad una riunione ufficiale indetta da una circolare ufficiale girata dal supervisore della zona 204, questo officio e il controllo delle liste di presenza, così come la testimonianza dei suoi colleghi maestri presenti alla riunione, dimostrano l’infondatezza delle accuse e l’ingiustizia del suo incarceramento. Finita la riunione, il professor Patishtàn andò a Simojovel per la festa di S.Antonio, e lì incontro alcuni conoscenti che gli raccontarono ciò che successe a Limas.
Successivamente torno a casa e nel tragitto vide veicoli ministeriali e federali, e altri agenti facendo perquisizioni minuziose. Arrivato al suo paese notò che tra le persone vi era inquietudine e paura, convocarono un’assemblea tra le persone che lavoravano nel paese stesso, si fece nel salone dei “beni comunali”,decidendo di sospendere tutte le attività che praticavano con il presidente municipale. Nella notte un impiegato municipale lo informò che lo stesso presidente cercava di incolparlo e ,insieme a lui, anche qualche altro compagno di ciò che successe quel giorno, perciò gli raccomandava di rifugiarsi. Il professore però convinto della sua effettiva e palese innocenza continuò la sua vita, nonostante i rumori su questa faccenda continuavano. Il 19 giugno del 2000, sette giorni dopo l’imboscata, il professore si stava recando al suo lavoro , 4 uomini vestiti da civile scesero da una camionetta e se lo portarono via senza spiegargli niente ne gli mostrarono un mandato di cattura. E da qui comincia il calvario e la lotta per la giustizia che ancora oggi segue.

DETENZIONE E INCARCERAZIONE

Detenzione illegale senza ordine di cattura. Nelle offici della Procura in Tuxtla Gutiérrez, fu obbligato a depositare una dichiarazione senza nessun avvocato presente. Il pubblico ministero Lic. Ernesto Vàzquez Reyna, (inscritto all’Unità Specializzata per l’Attenzione dei delitti commessi da presunti gruppi di civili armati) ha ordinato di procedere con le indagini preliminari . “Periti della AFI”con tamponi impregnati di una sostanza unsero le sue mani, le orecchie e i piedi. Con la coscienza pulita Alberto non si oppose. Gli dissero che dalle analisi risultò che aveva sparato con la mano sinistra. “Mai nella via vita ho maneggiato un’arma né di piccolo ne tanto meno di grande calibro” . Dopo una settimana fu trasferito nel hotel Zafari in Tuxtla Gutiérrez, nel quale fu detenuto per 30 giorni. Il processo ebbe luogo nel tribunale del Primo Distretto di fronte al giudice Lic. Roberto Ovando Pérez, documento 126/2000.
Nel municipio de El Bosque ci furono proteste da parte della popolazione, che chiedeva la liberazione del professore Patishtàn, manifestazioni con striscioni da parte dei suoi colleghi del magistero, incluso l’occupazione della presidenza municipale de El Bosque. Il governatore Albores Guillén promise la libertà di Alberto se avessero abbandonato il palazzo municipale, il popolo così fece. Ma il governatore non mantenne le sue promesse. Successivamente il detenuto fu trasferito nel CERESO n.1 di Cerro Hueco in Tuxtla Gutiérrez. Poteva ricevere le visite dei suoi colleghi maestri, amici e anche familiari.
Furono anche riunite prove di scagionamento, confronti all’americana, lettere da parte di organizzazioni, agenti municipali, commissari ejidali in suo favore, per più di un anno. Un anno dopo dei fatti il figlio del presidente municipale, dichiara che vide Patishtàn, che lo colpì quando era disteso al suolo e che aveva il volto scoperto, testimone contraddittorio con ciò che aveva dichiarato il poliziotto, il quale riferì che gli assaltatori erano incappucciati.
Insieme ad altri maestri incarcerati e altri prigionieri indigeni iniziarono lo sciopero della fame e si cucirono le labbra, chiamando il loro movimento “La voz de la dignidad rebelde”.Pablo Salazar all’epoca era già governatore del Chiapas, liberò a un prigioniero in cambio della fine dello sciopero e così ingannò tutti incluso la Secciòn VII del SNTE. La voz de la dignidad rebelde fu per 2 o 3 anni una voce in cerca di giustizia.

SENTENZA

Il giorno del 18 marzo del 2002 fu condannato a 60 anni di prigione. Ci fu il ricorso in appello, di fronte al 2° Tribunale unitario del ventesimo circuito, atto della corte penale n.100/2002. La sentenza fu confermata il 21 agosto del 2002. Chiese il ricorso in cassazione , di fronte al Primer Tribunal Colegiado del ventesimo circuito (atto n. 58/203) e nel giugno 2003, il ricorso fu negato.
Quando stavano per indurre un altro sciopero in prigione nel CERESO N.1 una spia filtrò l’informazione alla direzione e il professore fu trasferito nel CERESO N.2. Dopo pochi mesi si organizzò nuovamente uno sciopero connesso contemporaneamente agli scioperi nel CERESO de Comitàn e di Tapachula. Durante 11 giorni, gli scioperanti ricevettero minacce di percosse, trasferiti e nuovamente promesse false. Il 1 luglio del 2004 furono trasferiti in camion, ammanettati ed ammucchiati come bestiame al CERESO 14 conosciuto come El Amate.
Il professor Patishtàn fu etichettato come individuo pericoloso e lo assegnarono ad una unità speciale, nella quale gli imposero un uniforme arancione e con nessun abito civile. Non gli davano neanche da mangiare, appena l’acqua.
Ai tre giorni si destò un’insurrezione in tutta la popolazione disperata per le condizioni inumane.
Nel momento in cui seppero del viaggio del Sub Comandante Marcos in tutto il Messico, gli inviarono una lettera, nella quale dichiararono la propria organizzazione “La Voz del Amate” come aderente alla Otra Campaña, e installarono un presidio permanente fuori dei capannoni all’aria aperta. Era il 5 gennaio del 2006.
Il 25 febbraio del 2008 iniziano uno sciopero della fame indeterminato, unendosi allo sciopero già iniziato del compagno Zacario, successivamente lo sciopero si estese all’interno dell’amate e giorni dopo al CERESO 5 di San Cristobal de Las Casas, al CERESO de Playas de Catazjà e il carcere de Tacotalpa in Tabasco. La solidarietà nei confronti di questo movimento in lotta alla ricerca di giustizia fu grande in Chiapas, in Messico, e anche in ambiente internazionale. Jtatik Samuel Ruiz gli diede il proprio appoggio e chiese al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas che attendesse alle loro domande.
Dopo 41 giorni di digiuno, lo sciopero cessò. Il governo implementò un tavolo di riconciliazione e di revisione degli atti dei processi, ottenendo la libertà di tutti i richiedenti, eccetto quella del professor Patishtàn.
Nel gennaio del 2010 , le organizzazioni promotrici del Riconoscimento Jcanan lum Jtatik Samuel, consegnarono suddetto riconoscimento al professor Alberto Patishtàn Gòmez per il “suo servizio, la dedizione e l’amore nei confronti del suo popolo”. Fu proprio il vescovo emerito Samuel Ruiz ad entrare nel penale N.5 per consegnarli personalmente il meritato riconoscimento, che condivise in quel anno con la Sociedad Civil Las Abejas, la Coordinadora Diocesana de Mujeres CODIMUJ, e il Pueblo Creyente.
Durante 6 mesi nel 2010 fu trasferito ad un ospedale di Tuxtla per essere curato agli occhi, in quanto stava perdendo la vista gradualmente, purtroppo senza risultati positivi. In questa circostanza, il governatore lo andò a visitare, il quale gli confermò che avrebbe fatto i ricorsi necessari di fronte alla federazione per essere messo in libertà. Non ci sono stati risultati fino ad ora.
In questi 12 anni di privazione della propria libertà, il professore ha sempre continuato la sua lotta per la giustizia e per la ricerca di un mondo migliore. In tutti penali come nel Cerro Hueco, El Amate, el nùmero 5 è stato maestro stimolante per chi aveva voglia di conoscere e non ebbe la possibilità di andare a scuola, alfabetizzò, ed insegnò spagnolo agli indigeni che parlavano solo la loro lingua e il suo spirito si fortificò in queste dure prove ed è stato per molti reclusi un aiuto ed un esempio. Fu nominato (mentre si trovava nel CERESO 14 ) ministro dell’eucaristia per la Diocesi di Tuxtla, così come fu invitato ad essere guida nei ritiri spirituali per agenti pastorali di questa diocesi. Non dimenticò mai di essere il padre di due figli e gli aiutò sempre dalla sua detenzione e durante questi anni di reclusione, continua ad aiutarli e come può gli fa sentire il proprio affetto e appoggio.

DAL 2000 AL 2011

Il caso è stato presentato alla COMISION INTERAMERICANA DE DERECHOS HUMANOS il giorno 3 agosto del 2010. Il 17 dicembre del 2010 è stato registrato con il numero P-1119-10.2
Alberto Patishtàn Gòmez entrò nuovamente in sciopero della fame nella ricerca della propria libertà e giustizia per tutti coloro che sono ingiustamente incarcerati, che è durato dal 29 settembre al 31 ottobre 2011.
Al giorno d’oggi 7 maggio 2012 si trova nel CEFERESO N.8 Norponiente in Guasave, Sinaloa. Trasferito il giorno 20 ottobre 2011 per richiesta del Governo del Chiapas, mentre partecipava insieme ai suoi compagni ad uno sciopero della fame per chiedere giustizia. In questo periodo passò mesi in regime d’isolamento, dove non entrò in contatto con nessun essere umano, e gli furono negate anche le cure necessarie per la sua stessa vita. Il professore soffre di glaucoma, una malattia cronica che se non curata in maniera adeguata porta alla perdita della vista.
Ci fu un ricorso in appello contro questo trasferimento avanzato dal Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, il 29 di febbraio 2012 il giudice corrispondente accolse la richiesta d’appello ed il corrispondente ritorno in Chiapas del professor Alberto.
Ci troviamo nel periodo in cui il governo statale si può interporre a questa sentenza di  ritorno.                                                                                                                                 

Comments are closed.