Video dell’intervento di Abraham Ramirez Vasquez al foro politico per i prigionieri e le prigioniere politiche, tenuto lo scorso 12 e 13Maggio 2012, nelle istallazioni del Cideci, in San Cristobal de Las Casas.
PRES@S POLITIC@S LIBERTAD!!!
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Video dell’intervento di Abraham Ramirez Vasquez al foro politico per i prigionieri e le prigioniere politiche, tenuto lo scorso 12 e 13Maggio 2012, nelle istallazioni del Cideci, in San Cristobal de Las Casas.
PRES@S POLITIC@S LIBERTAD!!!
A metà Maggio 2012 visitiamo il municipio di Chilapa de Alvarez, nella regione Montagna di Guerrero e più precisamente la Scuola Preparatoria [1] 26 “Albert Einstein”, dove si trova la cabina di Radio Uan Milauak Tlajtoli, La palabra Verdadera, una delle radio comunitarie dello Stato, che trasmette sulla frequenza FM 94.1.
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Se durante i primi mesi dello scorso decennio i movimenti anti-sistema hanno occupato il centro dello scenario politico latinoamericano, questo luogo privilegiato è ora corrisposto agli stati, amministrati da forze di segno diverso da quelle che sono state protagoniste della riforma neoliberista. Per quanto i governi emersi da questo formidabile ciclo di lotta, che ha delegittimato il Consenso di Washington, siano affini ai movimenti, quest’ultimi non possono delegare i loro obiettivi emancipatori agli stati-nazione. Read more
MAGGIO 2012
LA PIRATA – Piattaforma Internazionalista per la Resistenza e l’Autogestione Tessendo Autonomie
RADIO VOCES NUESTRAS, VOZ DE TODOS, 94.1 FM
La radio comunitaria Voces Nuestras Voz de Todos si trova nella Scuola Normale Rurale Isidro Burgos1 di Ayotzinapa, appena fuori il municipio di Tixtla, ubicato nella montagna di Guerrero, a circa 20 Km dalla capitale dello Stato, Chilpancingo.
La radio nasce il 3 Febbraio 2012 come iniziativa degli studenti, anche se – ci tengono a precisare – la sua inaugurazione avrebbe dovuto coincidere con l’anniversario della morte di Genaro Vazquez Rojas2, il due dello stesso mese, ma alcuni problemi tecnici l’hanno posticipata di un giorno.
L ‘idea di creare una radio comunitaria dentro la scuola era già in cantiere da diverso tempo, anche se non aveva mai preso forma. Purtroppo la spinta definitiva è nata da un evento tragico: il 12 Dicembre 2011, durante una protesta in cui si stava bloccando l’autostrada Chilpancingo-Acapulco per esigere un incontro con il governatore dello Stato Ángel Aguirre Rivero e avanzare le loro richieste educative, hanno perso la vita due ragazzi, Gabriel Echeverría de Jesús, di 20 anni e Jorge Alexis Herrera, di 21, a causa di colpi d’arma da fuoco, sparati dalla polizia giunta a reprimere la protesta.
I media ufficiali hanno provato in tutti i modi a coprire questo avvenimento ed infangare la verità, prima dicendo che gli studenti erano armati, poi accusandoli di aver incendiato una stazione di benzina, fino a dichiarare che i colpi che avevano ucciso i due ragazzi provenivano dalla loro stessa fila. Fortunatamente la verità è venuta fuori anche se la giustizia non ha completato il suo corso: diversi funzionari e poliziotti sono stati allontanati o trasferiti ma nessuno è finito in carcere o ha subito un processo, tantomeno i mandanti.
Il 28 Marzo 2012 la Commisione di Diritti Umani ha reso pubblico un rapporto nel quale si riconosce la legittimità della protesta del 12 Dicembre; inoltre considera pienamente accreditata l’esistenza di gravi violazioni dei diritti umani da parte della Polizia Federale e Statale per quanto riguarda: la criminalizzazione della protesta sociale, l’uso irrazionale della forza e delle armi da fuoco, l’assassinio di Jorge e Alexis, la tortura a uno studente per fargli estorcere una falsa testimonianza, le lesioni da arma da fuoco provocate ad altri tre studenti, il trattamento crudele e gli arresti arbitrari attuati contro studenti e persone che non c’entravano nulla con quello che stava accadendo ed infine l’inadeguato soccorso a le vittime.
Cosicchè la radio è nata a poco più di due mesi di distanza da questi tragici avvenimenti, anche per smentire le menzogne dei media ufficiali e per permettere agli studenti di raccontare la loro versione dei fatti e testimoniare la terribile repressione subita lo scorso dicembre.
“Non è difficile fare radio”
Radio Vocez Nuestras prende vita in una stanzetta di 2,5m x 5m e l’attrezzatura è minima: due computer fissi, collegamento internet, telefoni (fisso e cellulare), due microfoni, un mixer, un trasmissore da 150 watt ed un’antenna auto-costruita. I ragazzi dicono che “non è difficile montare una radio, non sono necessarie attrezzature professionali, né una spesa eccessiva per poter trasmettere”.
Al momento la radio è gestita dal Comitato di Stampa e Propaganda, un gruppo di appena sei ragazzi di questa scuola al maschile, che trasmettono dalle 6.00 del mattino alle 21.00, tutta la settimana. Chiaramente attorno a questo gruppo gravitano altre persone che appoggiano nella manutenzione, la programmazione e con la presenza fisica.
É la prima radio indipendente che nasce all’interno di una Scuola Normal Rural3 e risulta importante tantopiù in un municipio come Tixtla, dove non esiste una tradizione di resistenza, organizzazione o autonomia. In tal senso gioca un ruolo importante sia nel seno della scuola ma anche della comunità in generale, una voce diversa e controcorrente che informi, educhi e soprattutto metta nelle mani della stessa comunità l’informazione. Un mezzo d’informazione libero, autonomo e comunitario dove partecipino gli stessi studenti e i cittadini al servizio della comunità, sia in contesto urbano che rurale.
Programmazione e copertura
Al momento i ragazzi ammettono che organizzarsi non è facile, nè immediato e i mezzi a disposizione e la poca esperienza fanno sì che la programmazione sia ancora in costruzione. Per adesso hanno un notiziario ogni mattina, un programma per bambini, radionovelle, programmi storici (dove si racconta da un altro punto di vista la storia dell’America latina) e tanta musica. Si stanno preparando trasmissioni sulla salute, educazione, ecologia e i diritti umani.
Purtroppo la copertura della radio non è molto ampia e, a parte la città di Tixtla, il segnale non arriva a molte comunità: da una parte è un problema geografico, in quanto la valle di Tixtla è circondata da montagne che non facilitano la trasmissione delle onde elettromagnetiche e dall’altro riguarda difficoltà tecniche, come la potenza dell’attuale trasmissore e l’altezza della torre dell’antenna.
Nonostante ciò gli ascoltatori sono abbastanza: questo si nota dalle tante chiamate, messaggi e mail che arrivano e dal fatto che molti comitati cittadini intervengono direttamente nella radio per fare proposte, promuovere corsi di formazione e presentare progetti.
La Red de Radio y Medios Libres de Guerrero
La Rete di Radio e Media Liberi di Guerrero nasce nell’ Aprile 2012, in seguito ad una riunione tenutasi nella Casa de Justicia della Crac (Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias) – Polizia Comunitaria in San Luis Acatlan, il 30 e 31 di Marzo. A questa riunione hanno partecipato le 8 radio4 indipendenti e comunitarie delle regioni Costa Chica e Montaña.
L’obbiettivo di questa Rete è formare un fronte comune contro la distruzione del territorio5, che si sta perpetuando nello Stato di Guerrero, da parte di imprese straniere: stiamo parlando di miniere, sfruttamento sfrenato delle risorse naturali, contaminazione e distruzione di montagne e fiumi, spostamento forzato di interi villaggi. In cambio queste imprese lasciano terre desertiche e avvelenate, dove non crescono più alberi, fagioli, mais, zucca né tutti gli alimenti base dell’alimentazione locale; al contrario crescono e si raccolgono tumori, malattie della pelle e morte. Tutto questo in nome dell’arricchimento di pochi a scapito del medio ambiente e delle comunità.
Altro aspetto è la necessità di far sentire la propria voce, la voce dal basso delle comunità e dei popoli che vivono questa terra, che non è tenuta in considerazione dai media ufficiali che, anzi, li abbandonano nel più assoluto silenzio.
Infine la rete nasce anche come forma di difesa delle stesse radio, che essendo illegali e soprattutto scomode, rischiano gli attacchi della Segreteria di Comunicazione.
“La relazione con le altre radio è buona – dicono i ragazzi di Ayozinapa – produciamo un notiziario regionale in cui ogni radio partecipa con un proprio audio che informa su quello che succede nella propria regione o municipio, e che viene poi trasmesso in tutte le radio”.
“La rete serve per stare uniti, scambiare informazioni… questo processo nasce dalla necessità di combattere gli attacchi alle radio indipendenti – citano Vaza Radio e Radio Nomndaa – per far fronte ai giganti dell’informazione e per essere presenti sulla questione delle miniere canadesi che stanno distruggendo il territorio, con il tacito assenso delle autorità statali e federali.”
Tutte le informazioni prodotte da ogni singola radio e dalla Rete si pongono in tal modo, come un’ulteriore forma di resistenza al saccheggio delle terre, alle espropriazioni, all’inquinamento, allo sfruttamento selvaggio di risorse come l’acqua, i boschi, il sottosuolo, che rischiano di estinguersi in pochi decenni. Una voce che si alza dal basso, dalla periferia dell’impero contro un neoliberalismo sconclusionato, che al suo passaggio lascia solo danni irrecuperabili e distruzione.
Che serve? Cosa manca?
“La radio è appena nata e mancano molte cose: esperienza, questione tecnica, programmazione, strumenti per migliorare la qualità ma soprattutto la partecipazione della gente… che si facciano workshop”.
La radio è stata inaugurata da studenti che non hanno particolari competenze tecniche, né conoscenze approfondite sul come far funzionare una radio, sia nell’aspetto meramente tecnico ma soprattutto nei contenuti. In tal senso è sottointeso che qualsiasi tipo di apporto è il benvenuto: talleres, trasmissioni, spots e quant’ altro.
Per il prossimo futuro i ragazzi si augurano un segnale più ampio e quindi una torre più alta per l’antenna ed un trasmissore più potente. Sperano anche di ricominciare a trasmettere in streaming (all’inizio si poteva ascoltarli in internet ma un problema al server che li ospitava, da un paio di mesi non lo permette), di avere una programmazione più fitta, con maggiori informazioni su quello che succede nella regione, nello Stato di Guerrero e in Messico in generale; trasmissioni in lingua nahua6, approfondimenti sulla questione delle minerie e della difesa del territorio in generale, programmi educativi. Ma soprattutto la partecipazione attiva delle persone della comunità, che sentano la radio come il proprio mezzo di comunicazione, per far conoscere i fatti e la verità per quello che sono e per costruire un vivere comunitario alternativo, fuori dalla prospettiva capitalista.
Secondo le stime di Letizia Ramirez de Alba, che elaborò l’Indice di Vittime Visibili ed Invisibili (IVVI) di delitti gravi, divulgato da qualche mese dall’ organizzazione civile Mexico Evalua, i dati indicano una realtà durissima: 88.361 omicidi dolosi in Messico durante il governo di Felipe Calderon e la sua guerra al narcotraffico; cifre nelle quali non si enumerano le “vittimi invisibili”…
A pochi mesi dalla sua uscita da Los Pinos (residenza presidenziale), le cifre delle vittime della guerra attuata da Felipe Hinojosa Calderon al narcotraffico, sono in costante crescita, così come le l’impatto su ampi settori della popolazione, innanzitutto le famiglie delle vittime; i fatti dimostrano il fallimento della sua politica di sicurezza nazionale.
In base alle denunce registrate dall’Agenzia del Ministero Pubblico federale ed inviate alla SNSP (Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica), fra il Dicembre 2006 ed il Marzo 2012, 120.692 persone sono state vittime di tre delitti: sequestro, estorsione e omicidio doloso. Quest’ultimo è il delitto più frequente, si parla di 88361 casi nel suddetto periodo.
Partendo dalle cifre del Istituto Nazionale di Statistica e Geografia (INEGI), se consideriamo tre o quattro persone care per ogni vittima la cifra sale approssimativamente a 366.480.
“Se ci atteniamo alle cifre ufficiali, possiamo parlare di un fallimento nella politica di sicurezza pubblica dell’attuale amministrazione”, commenta Leticia Ramirez Alba, responsabile dell’ Indice di Vittime Visibile ed Invisibili (IVVI) dei delitti gravi, pubblicato da Mexico Evalua, nell’agosto 2011. Read more
Giornata contro la prigionia politica e per la libertà di Alberto Patishtan
Rumori metallici di porte che si chiudono.
Passi e sguardi che inciampano su sbarre e torrette armate.
Teste rasate per potare idee e personalità.
Ore marcate al ritmo del niente.
Giusto un pezzetto di cielo…
In tutto il mondo così sono le carceri. Nella città, come nelle campagne, i potenti e i ricchi attaccano chi è sfruttato e non allineato. Ci derubano, ci schiavizzano, ci discriminano e alla fine ci arrestano, quando non ci assassinano.
Cercano così di zittirci, dividerci, intimorirci, però non ci riusciranno perché possiamo continuare a lottare anche dentro il carcere.
Come sempre l’ha fatto Alberto Patishtan Gomez.
Era il 19 giugno del 2000 quando arrestarono Alberto, maestro tzotzil, accusandolo di un delitto che non aveva commesso e che venne fabbricato per punirlo per aver osato stare al lato della gente e contro il sindaco del suo paese, El Bosque, in Chiapas.
Un’ingiustizia che si perpetua da 12 anni. Oggi il compagno Alberto è detenuto in un carcere federale di massima sicurezza, a Guasave (Sinaloa), a più di 2000 Km dalla sua famiglia, i suoi compagni, la sua terra. Lo si punisce con ferocia e rancore perché Alberto ha fatto di ogni carcere una trincea, con un lavoro di politicizzazione dei prigionieri e lottando con e per loro contro le brutalità del sistema di (in)giustizia dello stato messicano.
Come aderenti alla Sesta Dichiarazione dell’EZLN convochiamo nuovamente una mobilitazione per la libertà di Alberto Patishtan, simbolo della lotta contro la prigione, e per gli altri prigionier* politic* della Otra Campaña e del Messico, secondo gli accordi presi durante il “Forum contro la prigionia politica e per la lbertà di Alberto Patishtan” il 12 e 13 Maggio 2012 (Chiapas), organizzato dalla Rete contro la Repressione e per la Solidarietà.
Invitiamo quindi le organizzazioni, gruppi, collettivi e individui del Messico e del mondo a mobilitarsi secondo le proprie possibilità, il giorno 19 Giugno 2012 per esigere la libertà dei compagn* arrestat* con lo slogan:
Contro la repressione e l’oblio: la libertà… dal basso e a sinistra!
Quel giorno, dalle 11.00, avrà luogo nella comunità di Alberto, una manifestazione organizzata dal “Movimiento del pueblo de El Bosque por la libertad de Alberto Patishtan”. Invitiamo a segnalare qualsiasi azione, meeting, manifestazione, striscione, volantinaggio, conferenza, trasmissione, incontro informativo, concerto alla mail: foro.presxs@gmail.com
Abbattiamo i muri delle prigioni!
Prigionier* politic* LIBERTÀ!
I/le partecipanti al “Forum contro la prigionia politica e per la lbertà di Alberto Patishtan”
Fonte: Nodo Solidale
Il sollevamento della comunità di Cheran K´eri, Michoacan, il 15 Aprile del 2011 e il processo di auto-governo in corso è fonte di ispirazione per molte persone, una forte resistenza da difendere e un’esperienza da cui apprendere. Per questo durante i giorni 24, 25, 26 e 27 maggio del 2012, circa 500 persone di 15 città del Messico e 11 paesi del mondo hanno costruito un accampamento nella periferia di questo paese purhépecha come partecipanti all’Encuentro Nacional de Resistencias Autónomas Anticapitalistas. L’idea era di sostenere la comunità di Cheran e condividere esperienze di costruzione dell’autonomia, possibilità di auto-organizzazione e modi di vivere in armonia con la natura.
Nelle vie del paese si sono sentiti, durante le tre manifestazioni svoltesi, gli slogan: “Cheran, fratello, il popolo ti da una mano!” “Cheran, amico, il popolo sta con te!”
Durante l’inaugurazione, il Consiglio Maggiore di Cheran ha dato il benvenuto alla gente riunita nella piazza principale e il tatá Jose Merced ha sottolineato che questa non è stata la prima volta che Cheran insorge. Già durante la rivoluzione messicana, Cheran si ribellò con le armi. “Ora nel nuovo governo popolare di Cheran, i K’eri sono i consiglieri di governo nominati dal popolo, facendo da parte i partiti politici e i dirigenti che hanno cercato solo di conquistare il potere. Ma questo a Cheran non succerà più! Vi riceviamo col cuore aperto, senza distinzione di età. Perché la gioventù la portiamo nel cuore… siamo giovani nel cuore e nell’anima; sempre giovani… siamo guerrieri e guerriere eterni”.
Nell’atto dell’inaugurazione la compagna Eduarda di Radio Ñomndaa ha letto un documento sull’autonomia parlando di Cheran come esempio di lotta, di dignità e resistenza. È stata letta anche una dichiarazione della Red de Resistencias Autónomas Anticapitalistas, che definisce quattro punti di resistenza: bloccare il capitale; mettere fine alla guerra contro il popolo del Messico; difendere la Madre Terra e costruire autonomie. Sono stati letti messaggi di appoggio di Occupy Oakland e degli indignati di Barcellona. E stato richiesto un minuto di silenzio in onore dei dieci contadini assassinati per la loro lotta in difesa dei boschi e della comunità e si è realizzata una cerimonia tradizionale nella quale quattro ragazze hanno presentato la bella bandiera della nazione purhépecha con il simbolo del grande fuoco nel centro e la scritta “Juchari Uinapikua”, cioè “Nostra forza”.
Lo stesso pomeriggio nella piazza centrale si è tenuta la prima conferenza con la partecipazione della Brigada Callejera, FPFVI-UNOPI (Frente Popular Francisco Villa Independiente – Union Nacional de Oganizaciones Populares de la Izquierda Independiente) e Radio Ñomndaa, collettivi con anni di esperienze in percorsi di resistenza, autonomia e auto-organizzazione: il primo cominciò con la organizzazione delle lavoratrici sessuali nella zona della Merced nel Distretto Federale e ora conta collettivi in 28 stati della Repubblica, il secondo lavorando nella lotta per la casa e nella creazione di spazi culturali e educativi nei quartieri del Distrito Federal, e il terzo nella formazione del municipio autonomo di Suljaa’ nella Costa Chica di Guerrero e la creazione di una radio in lingua Amuzgo, Radio Ñomndaa, La Parola dell’Acqua sotto una pesante repressione dei mafiosi locali e governi di tutti i colori.
Nei giorni seguenti si sono realizzate cerimonie del fuoco, laboratori, tavoli di discussione, assemblee, proiezioni video e programmi culturali con musiche e danze tradizionali di Cheran integrate da rap, reggae dub e ska.
Il 26 di Maggio, nel pomeriggio, si è tenuta una conferenza con la partecipazione di Ignacio del Valle di San Salvador Atenco, che ha ricordato le parole del capo della Polizia Federale: “Fatevi da parte perché adesso facciamo piazza pulita”. Però, dice Ignacio, “Noi decidemmo di non farci spazzar via. La nostra memoria non dimentica l’aggressione… però bisogna camminare uniti e non arrendersi mai”. Si sono ascoltate le parole dei giovani di Radio Fogata e della Ronda comunitaria, come quella degli integranti del Consiglio Maggiore di Cheran che hanno raccontato che la comunità era rimasta divisa, a causa dell’indolenza e dell’egoismo, tra sei partiti che permisero la distruzione del bosco, dell’acqua e la vita comunitaria fino a che un gruppo di donne coraggiose e di giovani misero fine agli abusi. Sottolineando che ora non ci sono leader a Cheran, in questo posto dove “difendere un albero è difendere la vita”.
Il pubblico è esploso in un applausi quando è salita sul palco la compagna Angelina, che ha ricordato che prima del 15 Aprile del 2011, la gente non poteva andare di notte per strada. “Dovemmo agire per i nostri figli”. Dopo aver cacciato i saccheggiatori, passammo molte notti al freddo nelle fogatas (bivacchi/picchetti) in difesa della comunità. Prima avevamo molta paura però oggi sono contenta perché procediamo bene e siamo più liberi”. Ha continuato Alicia, parte della Comissione di Dialogo, che ha parlato della maniera in cui un pugno di donne ruppe la disperazione e l’umiliazione e divenne la punta di lancia della difesa dei boschi e della comunità.
Durante il foro l’antropologo Gilberto Lopez y Rivas ha ricordato la penetrazione della polizia militare degli Stati Uniti in Messico e della sua strategia imperiale. Ha detto che a Cheran si può comprendere come l’autonomia è un punto autentico della lotta contro il narcotraffico però che l’autonomia non sempre e di per se è positiva. Bisogna darle contenuto. E la chiave è l’auto-trasformazione dei soggetti in attori politici.
L’incontro è terminato domenica 27 maggio con un altra animata manifestazione (la terza) partita dall’accampamento, alla quale un gruppo di comuneros (contadini) si è unito ballando allegramente in file che serpeggiavano nelle strade al suono dell’orchestra di Cheran.
Alla chiusura dell’incontro, i partecipanti si sono dichiarati a favore della libertà dei prigionieri politici Alberto Patishtán Gómez y Francisco Sántiz López, hanno chiesto giustizia per il Municipio Autónomo de San Juan Copala e condannando lo sgombero dello squat Altepetl nel Distretto Federale. Hanno ribadito l’appoggio a Cheran e approvato una proposta della Red de Resistencias Autónomas Anticapitalistas per una giornata nazionale di solidarietà con il popolo di Cheran.
Interviste sull’insurrezione di Cheran
Guille, donna di Cheran
“Quel giorno era molto presto. Ancora molti non si erano alzati. Fui una delle prime a presentarsi alla chiamata.Ero preoccupata dal rumore di tanti fuochi d’artificio nell’area dove iniziò il conflitto. Qui abbiamo l’abitudine che quando qualcosa di grave succede nella comunità, si avvisa con l’utilizzo di petardi. Quando la gente li sente, automaticamente conta quanti petardi stanno esplodendo. Se ne sentiamo più di tre, usciamo in strada, domandiamo che sta succedendo, perché ne stanno esplodendo tanti. In quei giorni ci furono un infinità di questi botti e poi cominciarono a suonare le campane. Questo significava che qualcosa di importante stava accadendo. Voleva dire ‘Allerta, Cheran, ci sono problemi’.”
“Io lavoro in un asilo nido e prima di quel giorno, ero sempre molto presa dal mio lavoro. Quasi non andavo alle riunioni. Quando quelli stavano disboscando, minacciavano la gente. Si arrivò a sequestri e estorsioni. Dopo le 7 del pomeriggio non potevamo uscire. Dovevamo stare rinchiusi perché era l’ora in cui arrivavano e se vedevano persone le minacciavano. Cominciavano a scendere con la legna alle 3, le 4 le 5 della mattina.”
“Ci furono riunioni per discutere cosa fare contro il taglio massiccio dei boschi e cominciava ad avvenire sempre più frequentemente, fino quando il 10 Febbraio 2011 scomparvero tre compagni che formavano il Commissariato dei Beni comunali. Nelle riunioni c’era molta divisione tra le proposte della gente e nessunoa si azzardava a metter un limite per la paura che avevamo. Però quel venerdì 15 Aprile fu un giorno diverso.”
“Quando arrivai mi resi conto che sfortunatamente un compagno era stato ferito e si richiedeva l’appoggio delle donne. Andai per le strade avvisando di chiudere le strade per non far passare più camion. La mia intenzione era che arrivassero più persone possibili in appoggio alle donne. Da quel giorno mi unii a loro”.
“Per spiegare un po’… ogni venerdì tutte le donne salivano presto per pulire le strade del paese, verso le 6 del mattino. Quel giorno fu il gruppo di donne, che stava pulendo l’area intorno alla chiesa Il Calvario, a cominciare. Dovevano essere una ventina. Fu triste vedere come scendevano i camion carichi di legname. Quel giorno ne stavano scendendo vari alle 6 del mattino. E loro decisero con pietre e fuochi d’artificio di fermarli. Nessuno disse ‘Sarà oggi’, ‘Sarà tal giorno’ ‘Sarà a tale ora’. Nessuno. In quel momento si iniziò. Fu spontaneo.”
“Al sentire i fuochi d’artificio e le campane, quasi immediatamente si aggiunse un gruppo di giovani e posteriormente i vicini. Si bruciarono sette camion e si bloccarono 5 persone mentre gli altri riuscirono a scappare con l’appoggio della stessa polizia locale. Da quel momento disconoscemmo le autorità locali e la polizia. La maggior parte non era neanche di qui. E difatti erano in relazione col crimine organizzato. Gli altri rimasero detenuti per 7 giorni”.
“Dopodiché cominciammo a riunirci tutti i giorni alle 6 del pomeriggio, inizialmente nel Calvario e poi nei punti di riunione dei quattro quartieri, e le riunioni generali nel centro. Fu molto duro perché mai eravamo passati per un momento così. Molta gente tardò a uscire di casa perché si era ammalata a causa dello spavento, per la paura avuta in quei momenti.”
“È quasi impossibile raccontare quello che sentii. Sentii un’impotenza pensando che non potevamo fermarli, visto che loro erano armati e noi non avevamo nulla, però nello stesso tempo, quella stessa impotenza mi dava il coraggio di continuare. Perché loro avevano le armi ma noi non saremmo rimasti a braccia incrociate. Non sapevamo cosa sarebbe successo, ma fortunatamente credo che fino a ora abbiamo fermato in parte la grande quantità di alberi abbattuti e soprattutto possiamo dire che siamo un po’ più liberi”.
“Le barricate si organizzarono lo stesso giorno. Anche le fogatas (bivacchi/picchetti) per la notte erano già pronte. Come? Non lo sappiamo. Fu qualcosa come un istinto di tutti. “Io sto qui all’angolo e proteggerò la mia zona”. Nessuno ci disse: “Voi fate le fogatas. Voi fate le barricate”. Non ci furono leader e la ronda si organizzò dopo. Eravamo senza armi, con i turni che si organizzavano all’interno delle fogatas. Donne, uomini, giovani, bambini, tutti partecipavano alle fogatas.”
“Credo che l’autonomia iniziammo a conseguirla dal momento in cui decidemmo di affrontare quelle persone, i tagliaboschi criminali. Perché non vogliamo presidente municipale e tutto il resto? Perché sappiamo che sono parte del problema. Se lo accettassimo, staremmo accettando nuovamente che i nostri boschi vengano distrutti anche più di ora. I politici vanno mano per mano con i narcos.”
“Dopo quelle giornate siamo differenti. E il lottare, combattere per essere differenti ha costato vite. Però, anche in onore a tutte le persone che hanno dato la vita per questa lotta, continueremo per ottenere il più possibile in difesa della natura, che è la nostra vita. Mi sento tranquilla. Mi identifico con tutto quello che sta succedendo perché l’ho vissuto dal principio. Non ho figli, però vedo i miei nipoti e voglio che vivano in libertà”.
“Ad oggi siamo ancora nell’incertezza perché non abbiamo ancora ottenuto ciò che volevamo. Non abbiamo ottenuto che il nostro territorio sia lasciato in pace. Perché anche se non stanno prendendo da qui, lo stanno facendo in altre zone, non nella stessa quantità. Non è ancor il momento di tirare un sospiro di sollievo. Vogliamo che lascino i nostri boschi integri.”
“Ci sono squadre di uomini che salgono giornalmente ai boschi per controllare, riforestare, riabilitare e pulire. È molto pericoloso. Infatti ci sono compagni che hanno perso la vita nell’intento di riscattare i boschi.”
“Ci sono persone che si sono pentite, sopratutto quelle a cui interessa la conquista del potere e il sistema dei partiti. Quelli che cercavano il potere nel Municipio sono rimasti tagliati fuori e fino a un certo punto sono stati sconfitti. Hanno provato nuovamente a distruggerci, però speriamo che non ci riusciranno. Siamo ancora forti e uniti. Siamo la maggioranza. In questo movimento ci sono persone che mai si sono integrate coi partiti politici. Credo che siamo sulla buona strada. Non abbiamo ottenuto tutto però abbiamo più sicurezza. E siamo liberi.”
“Mi piacerebbe che tutti quelli che leggessero questo articolo comprendessero che il movimento non è mosso da interessi personali né di un piccolo gruppo di persone. Il beneficio sarà per tutti. Il pianeta lo amiamo tutti. Il pianeta ci dà la vita. Ci dà l’acqua. E sono anche vite che dobbiamo rispettare.”
La Ronda Comunitaria
“Quando stavano tagliando il bosco del monte qui vicino, attraversavano tutto il paese e dovevamo farci da parte perché erano armati. Era il nostro timore. Avevamo chiesto al governo di mettere fine al disboscamento però, come sempre, non fanno nulla per il popolo. Null’altro che promesse. Fino a d’ora non abbiamo ottenuto soluzioni dal governo, solo dal popolo stesso.”
“Quando si sollevò questo movimento, furono le donne a cominciare. Circa alle 4 del mattino cominciarono a bloccare i camion e cominciarono a sparare petardi. E lì cominciarono a unirsi le persone vicino alla chiesa del terzo quartiere che si chiama El Calvario. Lì fu dove cominciò tutto. Accoresero parecchie persone. Bloccammo le strade con le pietre. E non ci si poteva più entrare al paese. Ponemmo le barricate e le fogatas e la gente ci portava da mangiare di notte. Al principio non si era costituita la Ronda. Ci ribellammo senza armi e solo successivamente ci armammo.”
“Alcune persone proposero di organizzare la ronda e invitarono i giovani a unirsi. Mi invitarono e sono parte della Ronda da due mesi dopo che iniziò il movimento. Perché? Perché volevo stare col popolo e difenderlo. Assicurare che questi delinquenti non entrino qui. Per questo ci siamo organizzati”.
“Siamo volontari. Nessuno dice: tu vai. Dal principio ci siamo armati tutti. Personalmente mi piace questa lotta. È contro quelli che stavano disboscando il monte. Siamo quattro quartieri e ognuno ha a carico il suo quartiere. Prima era molto stancante stare qui giorno e notte ma poi ci siamo organizzati meglio. Ora noi cominciamo alle 10 del mattino e usciamo alle 10 di notte quando arrivano gli altri e possiamo riposare un po’.”
“Non abbiamo capi. Qui siamo tutti uniti. Qualsiasi persona della Ronda può rispondere alle domande che gli volete rivolgere. Tutti sanno che cosa è successo e continua a succedere. Siamo qui in forma volontaria. Ci sono dei coordinatori ora, però le decisioni si prendono insieme”.
“Abbiamo ottenuto alcune cose. Non stanno tagliando i boschi su questo lato del monte anche se continuano a scendere con il legno di questa montagna, da un Rancho che si chiama Cerezos. Però, da quando su questo versante li abbiamo fermati, la situazione si è calmata. Non hanno potuto più sequestrare o fare “desaparecido” a nessuno a Cheran. La gente è più tranquilla di notte perché sa che stiamo controllando le entrate. Abbiamo stabilito il nostro governo. Non vogliamo saperne nulla di partiti perché dividono la comunità. In cambio qui tutte le persone stanno lavorando insieme.”
“Ci sono delle persone contrarie al movimento. La maggior parte di queste si dedica al legname, a tagliare alberi, pero è un’ottava parte del paese. La maggior parte è d’accordo con noi. La situazione rimane tesa. In aprile assassinarono due compagni che stavano lavorando e in questi giorni abbiamo incontrato il corpo di un’altra persona. Ancora non sappiamo esattamente cosa è successo. Magari vogliono entrare. Per questo perquisiamo tutte le macchine che passano. Da qui non entrano. Ringraziamo tutta la gente che ci ha appoggiato.”
Da Radio Fogata, Angel y Mauri parlano del progetto: intervista realizzata con la collaborazione di Alejandra di La Voz de Villa Radio
Mauri: “Il nome della radio ha a che vedere con l’organizzazione della comunità intorno alle fogatas quando cominciò il movimento il 15 Aprile del 2011. La chiamammo Radio Fogata per le fogatas della nostra comunità e per di più il fuoco per i puerepechas è un simbolo e un’arma di organizzazione. La radio cominciò come laboratorio per i giovani… la maggior parte ha dai 15 ai 20 anni. Trattiamo problemi di migrazione, ambientali, sulle donne. Participano anche altri gruppi della comunità come i bambini. Li abbiamo invitati molte volte. A loro interessa molto ciò che riguarda la conservazione delle risorse naturali…”
Angel: “Uno dei motivi per cui si decise di mettere una radio è per informare o comunicare alla gente. Quando c’erano le riunioni o gli eventi o qualche problema, non si riusciva a comunicarlo a tutta la comunità. A parte, c’era qui a Cheran una radio però è del governo e questa radio non permetteva l’informazione reale su quello che stava succedendo”.
Mauri: “Sì, di fatto una volta occupammo questa radio. Tutta la comunità si lanciò contro la radio perché non permetteva comunicare quanto stava succedendo nella comunità. Quindi dopo aver fatto alcuni corsi, si formò questa radio con persone che non si occupavano di radio ma che, in qualche modo, volevano appoggiare la nostra comunità.”
Angel: “Solo io studiavo al liceo. In quel momento non c’era scuola, non c’era nulla da fare, e decisi di collaborare visto che solo me la passavo in casa e così non arriviamo a nulla giusto? E così fu che un giorno uscii di casa e mi resi conto che c’era il workshop sulla radio e mi dissi: andiamo a vedere che succede.”
Mauri: “Non avevo nessuna esperienza in tecniche di comunicazione. Anch’io sentii del workshop e mi incuriosii. Mai avrei creduto di far parte di una radio e di trasmettere programmi sull’ambiente! In questo sì avevo esperienza, nelle questioni ambientali. Prima studiavo a Morelia alla Facoltà di Biologia. Quindi mi interessa molto la natura. E stando dentro alla radio e vedendo i tanti problemi che avevamo nella comunità al rispetto, decisi di fare un programma con una compagna e informare tutti i ragazzi, la gente, i bambini, che dovevamo cambiare il nostro modo di agire contro la natura, e al contrario dovevamo proteggere tutte le risorse naturali per stare bene, con noi stessi e con l’ambiente”.
Angel: “La soddisfazione principale nel fare questo è che cambi come persona. Smetti di pensare che tutti sono felici e buoni. Cambi idea sui partiti, su come si organizza la gente, di quello che succede nel mondo. Hai più interesse su quello che succede nel mondo”.
Mauri: “Apprendi tanto, no? Da tutta la gente che ci fa visita, da tutti i collettivi che vengono dal paese e da fuori… ci redimano conto che non siamo gli unici che hanno problemi in Messico… Ci sono tante esperienze e da queste apprendi molto e ti senti molto soddisfatto perché sai che attraverso la radio la gente ti ascolta, puoi cambiare il modo di pensare delle persone.”
Angel: “Un messaggio per gli altri giovani? Che aprano gli occhi. Che non si lascino ingannare”.
Mauri: “Sì. Che non si facciano prendere in giro da quello che dicono i mezzi di comunicazione e che si motivino, si animino a prendere il microfono, a prendere una videocamera, a prendere tutto quello che si utilizza nella comunicazione per far conoscere la verità e non solo una parte… Noi giovani siamo quelli che possono cambiare la società, possiamo esigere molte cose perché siamo quelli che saranno qui dopo e che subiranno le conseguenze di tutte le cattive azioni… Ci sono stati molti cambiamenti qui nella comunità. Mi sento più sicuro perché prima gli stessi poliziotti erano corrotti. Non c’era sicurezza, non c’era fiducia… Però molta gente la pensava diversamente e già con questo movimento si è organizzata tutta la comunità e tutti ci siamo protetti tra di noi… e ora mi sento più sicuro e felice di far parte di Radio Fogata e di potermi esprimere”.
Angel: “Prima del 15 Aprile, c’era molto da dire, molte sensazioni, però per la paura e per tutte le altre cose – sparizioni forzate, sparatorie – nessuno voleva ribellarsi per dire basta, blocchiamoli. Questo è mio. Non dovete mettervi qui voi. Non avete nulla a che vedere con la comunità… Sì c’era molta voglia di fare qualcosa però la paura ci teneva paralizzati fino al giorno in cui ci fu l’opportunità di ribellarsi e cacciare queste persone che stavano rubando la nostra legna, i nostri alberi.”
Mauri: “Il problema per il quale decidemmo sollevarci esisteva già da tempo. Uno, due, tre anni prima del 15 Aprile. Per paura di quello che potevano farci, non si faceva nulla, fino al 15 Aprile. Il 14 fu quando cominciarono a organizzarsi tutti e il 15 decisero di ricevere tutta questa gente con pali, pietre, bottiglie piene di ghiaia e benzina, con un pezzo di stoffa. Fu quando scendevano dal monte coi camion perché lavoravano di notte. Passavano tutti i camion, non erano 2 o 3, ma 20 o 25 pieni di legname. La comunità si organizzò quando decise di riceverli in quel modo. Fu duro perché io non dimentico e non dimenticherò mai le signore che gridavano, i bambini che piangevano, le campane della chiesa che suonavano e non smettevano. Avevo paura, avevo voglia di andare a vedere tutta questa gente che danneggiava i nostri boschi e prenderli a fucilate, pietrate, perché era una rabbia molto forte quella che sentivamo contro questa gente. Riuscirono a catturarne alcuni. E fu così che cominciò tutto, fu come cominciò il movimento qui nella comunità per avere un po’ più di organizzazione e costruire un governo proprio, autonomo”.
Angel: “Quel giorno mi sentivo molto spaventata perché lì dove c’è la mia scuola c’è l’uscita… e mi toccò vedere un isolato pieno di camion a doppio rimorchio e tutti erano carichi di persone, con un camion con gente sopra che cercava di andare e tutti gli studenti là attorno. Un disastro. I maestri molto preoccupati. Con la voglia di correre e la voglia di fare qualcosa però lì t’invade questa paura tipo ‘ora che faccio?’”.
Mauri: “La gente era stanca. E se il governo non voleva fare nulla contro di loro, la comunità decise che noi dovevamo fare qualcosa per fermarli. E così si fece. Non con una strategia né nulla. Solo fu rabbia allo stato puro. Quella gente sempre girava armata, e questo spaventava le persone, se uno provava a guardarli, gli sparavano. Fino a quel giorno, quando si nascosero tra gli arbusti, negli angoli. Infatti ci fu un contadino a cui spararono in un occhio e rimase invalido su una sedie a rotelle, però fu molto coraggioso e per aver fatto qualcosa per la sua comunità deve sentirsi molto contento e soddisfatto”.
Mauri: “(il processo di organizzazione della comunità) fu lungo. Quel giorno, sinceramente, ci si voleva organizzare alla meglio e riunirsi in un posto per far arrivare tutti però era tanta la paura. Era un paese fantasma, e andò avanti così per mesi, circa tre mesi in cui nessuno poteva girare in strada. Neanche i cani giravano… Uscendo di notte per proteggere la comunità c’erano commissioni di una trentina di persone che vivevano in un isolato. Di loro, una decina uscivano di notte mentre gli altri riposavano. Ci si organizzò e poco a poco la comunità si riprese. Le barricate continuano però le fogatas già sono state tolte e tutto è tornato alla normalità. Ora abbiamo la ronda comunitaria e penso che l’organizzazione sia migliorata notevolmente.”
Angel: “(Cominciammo a parlare dell’autonomia) quando ci rendemmo conto che il governo non avrebbe fatto nulla, e questo a causa dei partiti… Bè, non volevamo continuare così. Eravamo stanchi di tante menzogne, tante parole e nessuna azione. Questo fu una delle principali ragioni per le quali si decise di recuperare l’assemblea tradizionale. Con questa forma di organizzazione si scelsero le persone non per la loro popolarità ma per la loro forma di essere, i valori, le conoscenze acquisite a scuola o attraverso esperienze di vita… c’è più fiducia e credo che faranno meglio dei partiti politici”.
Mauri: “I partiti politici non fanno le cose per bene. È meglio avere un’organizzazione come quella creata qui e da lì scegliere un governo proprio dove non esistano partiti. Non fanno nulla per la comunità, solo per loro stessi.”
Angel: “Il laboratorio sulla radio si tenne tre mesi dopo, già quando tutto era più tranquillo. Doveva esserci un concerto e uno dei partecipanti si animò e disse: ‘Vi trovo un trasmittore e facciamo una trasmissione a filo diffusione. Possiamo fare un evento e raccontare tutto quello che è successo da quel giorno fino a come stiamo oggi’. E alcune persone del suo collettivo ci hanno aiutato a fare la nostra prima trasmissione radio e a darci la spinta a fare una radio nostra”.
Mauri: “La compagna di Radio Vecinidad ci appoggiò molto. Ci prestò il suo registratore, ci consigliò di andare per le fogatas a intervistare le persone per avere materiale da trasmettere. E cominciammo con il suo registratore facendo domande alla gente sulla rivolta e sul dissenso nei confronti del governo, l’insicurezza, la protezione istituzioneale nei confronti delle bande criminali. Infatti su Youtube ci sono video di questi gruppi. Se mettete “Capacuaro” compaiono video dove queste persone filmano il taglio dei pini. E escono sul notiziario, si burlano della nostra comunità e fanno commenti sul governo. Non importa che la gente si organizzi e ponga un freno alla distruzione dei boschi. Il governo li protegge…”.
Angel: “Grazie per la visita e che tutti si animino a fare qualcosa per l’ambiente, per la società, che non si cada più nella rete dei partiti politici e dell’egoismo.”
Mauri: “Non sono favole quelle di cui parliamo. Sono le cose che succedono qui. Invitiamo le persone a organizzarsi e a lottare contro le ingiustizie”.
(Articolo di: Carolina, tradotto da: PIRATA)
JORNADA CONTRA LA PRISION POLITICA Y POR LA LIBERTAD DE ALBERTO PATISHTAN
Ruidos metálicos de puertas cerradas. Pasos y miradas que tropiezan con rejas y torres armadas.En todo el mundo así son las cárceles. En la ciudad, en el campo, los poderosos y los ricos atacan a quienes somos explotad@s e inconformes. Nos roban, nos esclavizan, nos discriminan y finalmente nos encarcelan, cuando no nos asesinan.
Buscan así callarnos, desarticularnos, amedrentarnos pero no pueden lograrlo, porque hasta dentro las cárceles podemos seguir luchando.
Como siempre lo ha hecho Alberto Patishtán Gómez.
Era el 19 de junio del año 2000 cuando se llevaron preso Alberto, maestro tzotzil, acusandolo de un delito que nunca cometió y que se le fabricó para punir su osadía por estar a lado del pueblo y en contra del presidente municipal de su pueblo, El Bosque, en Chiapas.
Una injusticia que se sigue perpetuando desde hace 12 años. Hoy el compañero Alberto está encerrado en un penal de máxima seguridad federal, Guasave (Sinaloa), a más de 2000 km de su familia, sus compañeros, su tierra. Se le castiga con saña y rencor porque Alberto ha hecho de cada prisión una trinchera, concientizando a los presos y luchando con y por ellos contra las brutalidades del sistema de (in)justicia del Estado Mexicano.
Como adherentes a la Sexta convocamos nuevamente a la movilización por la libertad de Alberto Patishtán, símbolo de la lucha en prisión, y por los demás pres@s polític@s de La Otra Campaña y del país, según los acuerdos tomados en el “Foro contra la prisión política y por la libertad de Alberto Patishtán” el 12 y 13 de mayo de 2012 (Chiapas), organizado por la Red contra la Represión y por la Solidaridad.
Invitamos, entonces, a las organizaciones, grupos, colectivos e individu@s en México y en el mundo a movilizarse en la medida de sus posibilidades el día martes 19 de junio 2012 para exigir la libertad de l@s luchadores/as sociales bajo la consigna:
“Contra la represión y el olvido: la libertad… abajo y a la izquierda”
Comunicamos que este día, desde las 11 a.m., habrá lugar un acto político en la comunidad de Alberto, organizada por el “Movimiento del Pueblo de El Bosque por la libertad de Alberto Patisthán”.
También les invitamos a señalar su acción, pancarta, mitin, marcha, volanteo, conferencia, mesa informativa, concierto al correo: foro.presxs@gmail.com
Il Movimento per la Giustizia del Barrio e La Otra Campaña Nueva York presentano questo video messaggio della Giunta di Buon Governo del Caracol II de Oventic, nella zona de Los Altos de Chiapas. Questo video si inscrive nella seconda settimana di mobilitazioni ed iniziative mondiali portate a capo per esigere, ancora una volta, la libertà dei prigionieri politici e “per abbattere tutte le carceri”. In particolare si fa riferimento a Francisco Santis Lopez arrestato da sei mesi ingiustamente, solo per essere una base d’appoggio zapatista