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[Messico] Visita a San Martin Caballero, Oaxaca

Posted by on marzo 20, 2012

I giorni 10 e 11 marzo una delegazione dell’OIDHO di Oaxaca è andata ad incontrare i compagni di S. Martin Caballero sulla costa del Pacifico. L’invito è partito dai compagni di questa piccola comunità di una bellezza disarmante, composta da piccole capanne di palme in mezzo ad una foresta di palme e alberi di platano, e coltivazioni di ananas ( era la prima volta che vedevo come crescono gli ananas!) . E nonostante la bellezza del posto, dove sembri che non manchi nulla, gli indigeni di quelle terre soffrono molte restrizioni. Sulla costa che si trova a pochi chilometri è totalmente vietato a loro l’accesso da parte dei nuovi ricchi proprietari, tutti stranieri (europei, americani ed asiatici) che gli vietano l’accesso. Proibire il passaggio verso il mare ad un popolo di pescatori?!

Parlando con loro, mi dicono che vengono trattati come straccioni, come mendicanti, e a molti se cercano di passare vengono denunciati per furto (cosa ovviamente falsa) e questo tipo di reato in Messico si paga con il carcere; a vedere poi quanto tempo ti ci lasciano…la giustizia messicana non è proprio equa con gli indigeni, anzi, non vedono l’ora di colpirli più duramente possibile. Che paradosso persone che sono nate in quel posto vengono cacciate e denunciati come ladri da parte di chi gli ha usurpato la terra per costruire hotel e nuovi insediamenti turistici. Il comitato dei contadini di S. Martin ha già ricevuto minacce di morte e alcuni dei loro raccolti sono stati distrutti.
Bisogna dire,inotre, che in Messico, non esistono più comunità indigene sulle zone costiere ma sono stati mandati tutti nell’entroterra, dove sono sempre in una situazione precaria e minacciati di sgombero. La loro lotta primaria è la lotta per la terra, ma non è l’unica, un’ altra grave privazione gli è stata inferta, ovvero l’acqua. Una terra vicina al mare, una costa contornata da una laguna piena di vegetazione folta di mangrovie eppure a queste popolazioni manca l’acqua ,che è diventato un bene raro. Questa mancanza è dovuta alle intercettazioni delle sorgenti, all’abuso che fanno e che faranno gli attuali proprietari della costa. Questo tutto in nome del progresso e dello sviluppo. Altro paradosso che solo il sistema capitalista può giustificare.
Ma questa piccola comunità sa che per difendere i propri diritti bisogna lottare, ancora una volta.
Ed è per questo che hanno organizzato questo incontro; per ciò hanno chiesto ausilio all’OIDHO di Oaxaca capitale, già matura nelle sue scelte politiche.
Il primo giorno il tema trattato è stato incentrato sul concetto di autonomia.
Qui riporto un breve riassunto dei punti toccati e delle conclusioni tratte.
L’autonomia è un concetto strettamente legato a quello di libertà, intesa come libertà popolare, come decisione compartita in maniera orizzontale, senza legami a partiti o a istituzioni governamentali.
Hanno tutti l’idea ben chiara che per questa libertà bisogna lottare, bisogna passare ad una fase rivoluzionaria. Come sostenevano inizialmente Ricardo Flores Magòn e successivamente Emiliano Zapata, la rivoluzione è la lotta per la terra e per la libertà. Ma questa è una lotta continua.
Non bisogna dimenticare che l’autonomia di un popolo è intrinseca a tutti i livelli di libertà, ovvero, economica, di alimentazione e di salute. I quattro aspetti sui quali si basa sono:
- gli usos y costumbres, intesi come legge del popolo, la forma di autorganizzarsi e di autogovernarsi. L’autogoverno è inteso sempre come una questione orizzontale… Gli usos y costumbres si basano sul mutuo appoggio e sulla “mayordomìa” come organizzarsi collettivamente nei grandi eventi popolari.
- La questione della terra: il possedimento e lo sviluppo. Questa è, come accennato precedentemente, una questione spinosa perché ai contadini vengono lasciate piccole porzioni di terra incoltivabili ed aride tanto da ottenere in media solo il 50% del proprio raccolto, ed in questo caso non hanno libero accesso nemmeno a luoghi fondamentali per il loro sostentamento alimentare come la spiaggia. I ricchi proprietari terrieri hanno occupato anche i terreni federali, ovvero terreni pubblici e che devono rimanere tali, senza causare nessun intervento da parte del governo. I contadini, i pescatori e gli abitanti di queste terre lo sanno che devono lottare per riavere una porzione di libero accesso al mare, perché i loro usurpatori sono appoggiati dal governo. Vedono ogni giorno che scempio, anche a livello ambientale, si sta compiendo su questi terreni, senza alcun rispetto per il delicato e fragile ecosistema.
- Gli aspetti economici, ovvero, di che e come vivono tutte le persone della comunità, sia a livello di salute, di alimentazione, i servizi che vengono negati da uno Stato adulatore dei ricchi capitali esteri.
- La cultura, aspetto fondamentale per creare la propria identità, partendo dalla lingua fino ad arrivare alla musica ed alla danza. Anche questo è un punto cruciale della vita indigena. Queste persone vengono discriminate solo perché parlano la loro lingua natìa e non quella della colonizzazione!? La storia a volte prende proprio strane pieghe! Ed per questo motivo per la vergogna di essere nativi , vanno perdendo le loro tradizioni, perdendo così anche l’identità. Per conformarsi ad uno stile di vita liberale e occidentale (?!).
L’idea che hanno è chiara: salvare la propria cultura e l’ambiente che li circonda, ma sanno già che questa lotta non è facile, perché dall’altra parte c’è il governo, con tutti i suoi elementi coercitivi, ma loro se rimarranno uniti e se cercheranno di coinvolgere più realtà possibili potranno esercitare la volontà popolare. Non bisogna mai isolarsi nelle proprie lotte, ma sviluppare una volontà di cooperazione. Per dare un’organicità alla lotta è necessario riunirsi in assemblea dove vige l’orizzontalità e chiunque è libero di esporre le proprie idee. Un elemento di maturità politica che ho incontrato è proprio questo: il rispetto delle idee altrui senza l’attaccare o il minimizzare le idee del compagno per quanto diverse possano essere. Ma al massimo commentarle e ragionarci su insieme. Per far si che questo sia possibile l’assemblea deve essere forte e soprattutto avere delle regole.
Il secondo giorno a mio dire si è rivelato più emozionante del primo, in quanto era incentrato sulla questione di genere e sulla figura della donna all’interno delle comunità indigene, in questo caso nella comunità di S. Martin. La prima parte si è svolta con la presenza di sole donne, al fine di sentirsi più libere di parlare. Ognuna si è presentata alle altre, parlando un po’ di sé. Erano tutte bellissime nel loro orgoglio femminile, nel loro essere donne, madri, figlie.
Anche loro hanno capito l’importanza di unirsi e di discutere insieme dei problemi legati a questo difficilissimo rapporto tra uomo e donna,
All’interno delle comunità si vive ancora una situazione di profondo maschilismo dove la donna è rilegata alla casa come serva e fattrice,come mera forza lavoro nei campi, ed in nessun caso come soggetto decisionale. Sottomessa alla volontà maschile e molte volte anche alla violenza da parte di questi.
Non è libera di scegliere della sua vita e in alcuni casi anche gli usos y costumbres non permettono alle donne di emanciparsi. Voglio citare un caso in particolare, ovvero quello della comunità di Santa Cruz Ixtepec, che proprio per la sua legge popolare (usos y costumbres) le donne erano escluse dall’assemblea non godendo, così, di nessun diritto civile e politico. Di fronte a questa realtà ben lontana dai (lievi) miglioramenti apportati negli ultimi decenni dalle lotte per i diritti umani e dai diritti umani internazionali, sono le donne e le bambine indigene come le più escluse tra gli esclusi; tra i poveri, le più povere, tra gli analfabeti quelle che formano la percentuale più alta; tra i discriminati, le più discriminate; tra i violentati, le più violentate.
Le donne già da bambine soffrono discriminazioni, in quanto già ricoprono un ruolo secondario rispetto alla prole maschile, che si ritiene come saranno loro il futuro appoggio della famiglia; questo comporta che le bambine spesso vengono escluse dall’istruzione, sono trascurate e malnutrite, sono ,in altra parole, figlie di seconda categoria. E molte volte la famiglia sceglie per loro il marito in base a scambi economici e materiali o vengono vendute nel peggior dei casi. La donna intesa ancora una volta come merce di scambio.
Ricordiamo il triste caso de las muertas de Juarez(http://es.wikipedia.org/wiki/Feminicidios_en_Ciudad_Ju%C3%A1rez), uno dei capitoli più oscuri e raccapriccianti della storia messicana.
Ma forti del loro essere queste donne non si arrendono, e combattono per miglior condizioni di vita.
A San Martin Caballero si è dato inizio a un percorso di identità femminile per le componenti di questa comunità. Hanno esposto chiaramente di fronte alla società maschile cos’è ciò che vogliono: riconoscimento dei propri diritti e di maggior rispetto verso la loro persona.
Su due grandi cartelloni appesi ad una parete di una casetta fatta di bambù, hanno scritto su uno ciò che deve fare una donna e sull’altro ciò che gli uomini devono fare.
Sul primo vi era un elenco che era un manifesto della dignità femminile, dove era mensionato il rispetto per loro stesse e le loro compagne, il valutarsi come essere umani e non come classe sfruttata, il riconoscimento partendo da loro stesse dei propri diritti, la necessità di associazione e di mutuo aiuto, il non aver paura degli atteggiamenti autoritari di cui il genere maschile si fa forza, la solidarietà fra loro stesse, la costituzione di un’assemblea e dar vita ad attività collettive.
Sul secondo cartellone, si ricordava agli uomini il rispetto che devono alle loro compagne ed al genere femminile, ad abbandonare la propria violenza, il proprio maschilismo e l’inclinazione allo sfruttamento di genere.
La seconda parte è stata partecipata dai tutti i presenti dell’assemblea e si è discusso su questi punti, c’è chi ha sorriso sopra i punti indicati nei cartelloni, ma in sostanza tutti hanno riconosciuto le necessità di queste donne.
Vedremo come si svilupperà in futuro.
Ciò che posso dire da parte mia è stato un esperimento politico interessante e molto coinvolgente. Le cose si cambiano dal basso con l’unità tra gli esseri umani e la loro collaborazione.

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